Crederete che un uomo può volare. Lo strillo era quello che nel
lontano 1978 accompagnava la ca
mpagna pubblicitaria del "Superman"
firmato Richard Donner. Un evento epocale destinato a rivoluzionare gli Heros Movie per
il realismo degli effetti utilizzati. A più di vent'anni di distanza,
con la tecnica che ha fatto passi da gigante "The Amazing Spider-Man"
rappresenta il paradosso di una tendenza che è andata sempre più
accentuando la distanza tra le possibilità di effetti speciali
fantasmagorici e la penuria di idee in grado di saperli interpretare. Il
risultato è quindi un film come quello di Marc Webb messo a capo di un
impresa impossibile e superflua, che si traduce nella pretesa di
azzerare il lavoro di Sam Raimi, autore di una ragno trilogia oltremodo
celebrata, ricominciando a raccontare la storia di Peter Parker come se
nulla fosse mai successo. Almeno sugli schermi cinematografici. Un restyling
che pur mantenendo invariati gli eventi ed i significati legati
all'acquisizione dei superpoteri ed alle conseguenze che essi comportano
nella vita di uno studente un pò nerd, come di fatto Parker è prima
dello straordinario evento, colloca la storia in un contesto dove i
colori pop e le atmosfere retrò della prima ora vengono sostituite da
una contemporaneità in cui l'asetticità della scienza e delle sue
scoperte è in contrasto con i chiari scuri di un esistenza impregnata di
sensi di colpa ed inadeguatezza, distribuiti a buoni e cattivi senza
distinzione di sorta. Dal protagonista su cui la storia calca la mano
facendone seppur indirettamente il responsabile (molto più che nella
versione di Raimi) della morte dello zio Ben all'avversario, il dottor
Connors/Lizard, oscuramente legato alla scomparsa del padre del ragazzo,
e come Parker frenato nella propria indole da una diversità
condizionata dal dettaglio fisico. Così se la mancanza di un braccio
spinge lo scienziato alla follia, è la gracilità fisica rispetto
all'esuberanza dei compagni, e di Flash Thompson in particolare, a
limitare la socialità del giovane studente. Con queste premesse "The
Amazing Spider-Man" perde un po' della sua mitologia, ma la vicinanza
che acquisisce rispetto alla contemporaneità (New York ripresa spesso di
notte e la partecipazione collettiva al dramma dell'eroe rientrano
chiaramente nella dimensione post 11 settembre)c'è lo rendono
sicuramente più umano.
Ispirato alla lezione iconografica del grande (disegnatore) Mac
Farlane, — la zazzera da manga ed il corpo obliquamente segaligno sono
sicuramente una sua eredità — il film di Marc Webb è brillante nella
scelta di un attore (Andrew Garfield) esteticamente simile alla matrice
fumettistica, risultando più interessante quando si sofferma sul privato
dei suoi protagonisti, con scene come quella in cui un sognante Parker
si lascia andare ad una danza in skateboard dentro un magazzino portuale
o in quelle che rendono la novità del cambiamento con scene da
splap stick comedy
in cui Peter incapace di dosare la propria forza distrugge qualsiasi
cosa gli passi per le mani, che in quelle dedicate all'azione -eccezion
fatta per il passaggio esilarante in cui
Stan Lee appare sullo schermo
senza accorgersi dello scontro tra le sue creature — abbastanza
convenzionale, e peraltro sostenuta da un
villain, Lizard, un
pò troppo
sottotono. Se il parametro di giudizio è il puro
intrattenimento allora l'obiettivo è centrato. Se invece nella bilancia
delle opinioni conta il peso di un urgenza praticamente inesistente,
allora l'intera operazione, e con esso il suo valore sconfina nelle
ragioni del marketing e degli affari,dove peraltro, bisogna dirlo,
trovano posto tutti i film targati Marvel