GENERE: SUPEREROI
RATING: * *
TRAMA:
Le giornate di Peter Parker sono decisamente complicate ed è sempre più difficile conciliare la sua vita privata con quella ingombrante ed esigente di Spider-Man. Il suo animo è tormentato dal mistero che avvolge i suoi genitori, scomparsi quando era poco più che un bambino, e dalla non semplice gestione dei suoi profondi sentimenti per Gwen. Ma se a ciò si aggiunge la comparsa di Electro, una nuova terribile minaccia per la città, ed il ritorno di un acerrimo nemico che si pensava morto e sepolto … allora si che sono guai!
(Regia: Marc Webb – anno 2014)
COMMENTO:
Ahi, ahi, ahi, iniziano ad intravedersi le prime crepe … la saga dell’uomo ragno, uscita dal genio di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko, sta cedendo sotto i colpi implacabili delle esigenze commerciali! Dopo le prime tre belle versioni di Spider-Man 2002, 2004 e 2007 curate da Sam Raimi, quella di Marc Webb non convince. Gli effetti speciali prevalgono su una trama fragilissima, piena di ripetizioni, luoghi comuni e qualche dettaglio involontariamente esilarante in perfetto stile teen-movie.
In qualità di vecchio fan dei mitici fumetti della Marvel anni ’70, dovrei aspettare sotto casa quel sacrilego di Marc Webb ed i suoi sceneggiatori armato di mazza chiodata. Le rivisitazioni stanno stravolgendo l’originale fascino dei miei antichi eroi; anche il costume è molto meno dark ed emozionante dello Spider-Man di Sam Raimi. Insomma dal 2012 di “amazing” non c’è proprio niente a parte la faccia tosta dei nuovi curatori. Come già avvenuto al povero Tony Stark, alias Iron-Man, anche la caratterizzazione dell’Uomo Ragno stà diventando sempre più clownesca e meno noir. Se chi sta saccheggiando gli archivi della Marvel non invertirà presto questa tendenza, finirà per rovinare le epiche atmosfere dei supereroi come Jackie Chan ha rovinato le atmosfere marziali del kung-fu!
In The Amazing Spider-Man 2 siamo di fronte ad un minestrone per adolescenti: storie d’amore il cui leitmotiv è “non posso stare con te perché ti amo troppo!”, i dolorosi ricordi d’infanzia di Peter Parker che si alternano alle battute melense quando è nei panni di Spider-Man, scene epiche rovinate da dettagli raccapriccianti come i mutandoni ascellari stile Fantozzi che Marc Webb fa indossare ad Electro quando, finalmente libero, dovrebbe ergersi come un Dio vendicativo pronto a scatenare l’inferno!
Anche la caratterizzazione degli eroi negativi è penosa: Electro è rappresentato come uno psicolabile divenuto “super” dopo essere caduto dentro un vascone-allevamento di anguille; Harry Osborne, il figlio del magnate della Oscorp Industry, segue noiosamente le orme del padre trasformandosi senza un briciolo di originalità nel solito Goblin, quasi fosse una tradizione di famiglia. Per non parlare della perla finale in perfetto stile USA anni ‘80: nonostante l’ormai datato crollo del muro di Berlino, Marc Webb ed i suoi sceneggiatori rispolverano lo spauracchio dell’Unione Sovietica, antica nemica degli americani e della libertà, e lo affidano ad un criminale idiota con evidente accento russo che, indossando un esoscheletro meccanico con tanto di stella rossa, minaccia un bimbo di 5 anni travestito da Spider-Man.
Unico elemento che mantiene il film ad un livello accettabile salvandolo dalla totale mediocrità è il pizzico di drammaticità finale che vede un Peter Parker distrutto dal dolore di fronte ad una tomba, in piedi ed immobile nonostante il passare delle stagioni, come il povero cane Hachiko dell’omonimo film con Richard Gere. Belle anche le scene digitali che, mostrando i tuffi e le evoluzioni acrobatiche di Spider-Man trai grattacieli di New York, regalano agli spettatori una splendida sensazione di libertà adrenalinica.
Dubbio amletico: ma se uno sfigato qualsiasi punto da un ragno radioattivo diventa l’Uomo Ragno, morsicato da una torpedine diventa Electro, cosa succederebbe se venisse pizzicato da una vongola radioattiva o punto da una zanzara al plutonio?