The Artist si colloca proprio qui, nel ricordo di quella relazione particolare, accompagnandoci in una storia che parla con toni delicati ma incisivi, in cui la relazione “tout court” è la vera protagonista. A cominciare da quella che intercorre tra Michel Hazanavicius (candidato come miglior sceneggiatura e miglior regia agli Academy Award) e il cinema stesso, fatto di rimandi e omaggi alla settima arte, con un occhio di riguardo alla tradizione del musical e all’indimenticabile Singing in the Rain di Gene Kelly e Stanley Donen. Un omaggio al film muto e a The Mark of Zorro in cui Douglas Fairbanks viene sostituito dal nostro protagonista George Valentin (Jean Dujardin candidato all’Oscar come migliore attore protagonista).
- Jean Dujardin e Bérénice Bejo
Una dichiarazione d’amore in puro stile classico hollywoodiano che si manifesta sin dai primi minuti della pellicola in cui lo schermo cinematografico assume un ruolo dominante all’interno delle inquadrature, secondo solo all’attore stesso, consacrato a divo in virtù del suo totale abbandono all’arte cinematografica. Un’arte che come in ogni relazione ama la sua creatura, ma che se tradita (Valentin rifiuterà inizialmente l’avvento del sonoro) diventa terribilmente crudele.
Abbandonato e disperato George Valentin trova nel suo cane (Uggy, vincitore della Palm Dog) un fedele compagno d’avventura, pronto a rischiare la propria incolumità per il suo padrone. Mentre il protagonista precipita in una spirale autodistruttiva, è il cane – vero eroe della situazione – che lo tira fuori dai guai.
- Uggy, vincitore del Palm Dog a Cannes 2011
Ma sarà soprattutto nell’incontro con l’attrice, emergente prima e diva del sonoro poi, Peppy Miller (Bérénice Bejo), che troverà la sua salvezza.
Fotografata insieme al divo durante la premiere del suo ultimissimo film, Peppy si ritroverà a girare insieme a George una scena di ballo in un teatro di posa. In seguito l’attrice conosce la gioia del successo nel nuovo cinema sonoro, mentre George, lasciato dalla casa di produzione e anche dalla moglie, affronta la lenta discesa verso un totale sconforto. Spinta dal sentimento che la lega a Valentin, Peppy con dolcezza e discrezione ne segue le disavventure, provando ad aiutarlo. Ma il rifiuto dell’ormai ex divo di ricevere aiuto lo porta sull’orlo del precipizio.
Nell’epoca degli effetti speciali che rimbombano in film con budget “impossible” e scarsi contenuti, questo film muto, in bianco e nero, va contro tutti i canoni del cinema commerciale. Tanto di cappello ai produttori e a Michel Hazanavicius – che l’ha scritto, diretto e montato – che sono stati ricompensati da ben 10 candidature all’Oscar!
Hazanavicius è anche sposato alla protagonista, la bella Bérénice Bejo, che nel film ha movenze ed espressioni irresistibili. In un film senza parole, la mimica facciale è importante e i due protagonisti, entrambi candidati all’Oscar, sono bravissimi.
Il suono entra nella sale cinematografiche nel 1927 con The Jazz Singer, mentre già si profila all’orizzonte la Grande Depressione americana. Il tema di quest’uomo che perde potere e denaro e non riesce adattarsi al nuovo corso ci riguarda tutti, in questa nuova epoca di crisi. Il film ci racconta la grande difficoltà di cambiare, di non restare ostinatamente abbarbicati a ciò che è noto e sperimentato, a ciò che finora ha funzionato benissimo, ma che da ora in poi non funzionerà più e che perciò dobbiamo abbandonare. Dobbiamo mollare la presa se non vogliamo essere trascinati a fondo. E per fortuna c’è lei che non lo lascia mai, che cerca di aiutarlo senza farsene accorgere per non umiliarlo… perché la rinascita può avvenire solo dal reciproco sostegno.
Con tocco leggero, semplice e aggraziato The Artist parla dell’uomo, quello comune, delle sue paure e delle sue angosce. Lo fa con un linguaggio antico, ma il risultato è tutt’altro che antiquato. E per essere un film muto, parla!