"Una tribù di artisti girovaghi – i Ragnicks – vive felice sotto la guida della regina Canary la quale custodisce un rubino magico, che assicura a tutti una piena felicità. Ma il truce Kadar è in agguato con i suoi guerrieri, il rubino gli preme anche come segno di potere e, quindi, attacca la tribù ambulante, cattura la regina e trae in schiavitù anche due ragazzi – i gemelli Gore e Kutchek, destinati a lavori massacranti nelle cave di Talchet. Canary, però, è riuscita durante lo scontro a far fuggire il fido Greyschaft con la pietra magica, affinché essa sia occultata in un luogo prestabilito. Purché i due gemelli non muoiano sotto le frustate e per gli stenti, la regina accetta di entrare a far parte del gineceo di Kadar senza che questi peraltro non riesca mai a strapparle il nome del luogo in cui il rubino deve ormai essere stato celato. I gemelli crescono e ora sono diventati due giganti dotati di intrepido coraggio e di enorme forza. Fuggiti da Talchet e ritrovati i Ragnicks sopravvissuti, li attendono straordinarie avventure, dovranno vedersela con serpenti e mostri vari, uccidere lo spaventoso drago della palude e finalmente recuperare il rubino che, sconfitto Kadar, riporterà la felicità a tutti i Ragnicks, che poi eleggeranno la nuova regina nella persona di una graziosa fanciulla, che molto aveva aiutato Gore e Kutchek nelle loro imprese." (Yahoo Movies)
E’ incredibile innanzitutto constatare come – con ben 5 anni di anticipo – il film presentasse le situazioni, le trovate sceniche e soprattutto le soluzioni narrative della futura fiction televisiva Fantaghirò, frutto della maestria tecnica di un altro grande autore come Lamberto Bava. Dettaglio non irrisorio se si considera l’apparente morte del filone fantastico, reduce dal flop di Conan il distruttore (1984) e degli invisibili prodotti di imitazione Italiani.
Un film che sfida, attraverso un incipit dichiaratamente western ed un procedere sospeso tra avventura e commedia, i preconcetti della pessima critica cinematografica del periodo: attacchi spesso diretti (al Deodato regista, "macchiatosi" delle imperdonabili vicissitudini connesse al suo film capolavoro Cannibal Holocaust) e talvolta indiretti, volti a screditare ferocemente e con qualsiasi mezzo le ultime produzioni di genere nazionali.
Senza superficiali ed opportunistiche riconsiderazioni, The Barbarians appare ancora oggi un’opera coraggiosa e divertente, girata con un’eccellente messa in scena (le scenografie di Giuseppe Mangano ed i costumi curati da Francesca Panicali meritano più di una nota di riguardo) e pervasa di una vitalità davvero coinvolgente. Deodato ebbe inoltre l’azzeccata intuizione di virare la storia in chiave ironica, a seguito dell’incontro con i muscolosi protagonisti – i gemelli Peter e David Paul – perennemente impegnati in grotteschi bisticci al limite dell’infantile.
Un approccio davvero professionale al filone barbarico, contaminato da quel valore aggiunto tutto italiano che avrebbe potuto (in condizioni politiche e culturali differenti) segnare seriamente la rinascita del cinema di genere.
Si noti, per concludere, come le incantate sequenze in esterni siano state interamente girate nel Lazio, nell’affascinante riserva di Tor Caldara in provincia di Roma.
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