Negli Stati Uniti all’inizio del 1600 i primi emigranti erano la feccia della società europea:
prigionieri politici, personaggi scomodi, stupratori, assassini che arrivati nel Nuovo Continente hanno avuto la possibilità di crearsi una nuova vita in una regione vergine e ignota, tutta da scoprire. Già nel “viaggio” e nella Dichiarazione d’indipendenza ci sono
i primi forti accenni al Sogno Americano: il mito della “ricerca della felicità”, l’etica del “chiunque può avere successo”, del Self Made Man. Non a caso, proprio negli Stati Uniti nasce la cosiddetta ”Corsa all’oro” (ripresa in lungo e in largo nel panorama italiano soprattutto con Sergio Leone e Tex Willer) con conseguenti febbrili migrazioni di oltre 50.000 coraggiosi disposti a tutto pur di trovare un filone del prezioso metallo. Alla fine del secolo scorso lo storico Frederick Jackson Turner evidenziò in
“Il mito della frontiera” una colossale differenza tra i continenti forti: << La frontiera europea è una linea di confine fortificata che corre attraverso terre densamente abitate, la frontiera americana, invece è posta proprio al limite dei territori aperti all’espansione e alla conquista, non è una linea davanti alla quale doversi fermare, ma un’area che invita a entrare, un territorio non abitato né colonizzato.>> Turner ci aveva visto bene: c’è sempre una nuova frontiera in America, anche quando tutto sembra scontato: nel 1969 infatti, Kennedy dilata il mito Americano all’infinito: la missione Apollo 11 porta il primo uomo sulla luna, allargando le frontiere statunitensi nello spazio.
Mi spiego così
Così, mentre noi continuiamo a guardarci alle spalle, continuiamo a pagare il debito pubblico che i nostri genitori o avi non hanno pagato, in America c’è già chi sogna con quelle parole “The best is yet to come” una nuova frontiera inesplorata.
A bebèr con moderacion