di Lee Daniels (Usa, 2012)
con Forest Whitaker, Oprah Winfrey, David Oyelowo, Cuba Gooding jr., Robin Williams, James Marsden, Liev Schreiber, John Cusack, Alan Rickman
durata: 113 min.
★★☆☆☆
Se un merito dobbiamo attribuire a Lee Daniels, il regista di The Butler, è certamente la sua pervicace determinazione nel denunciare al mondo le discriminazioni e le faticose lotte per i diritti civili intraprese nel corso della storia dai neri americani. Lo aveva già fatto nel 2009 con Precious (con cui aveva sfiorato l'oscar) e con il recente The Paperboy, conquistandosi la stima di tutto il mondo 'liberal' (critica compresa). Certo Daniels non è Spike Lee, e le sue opere sono molto meno aspre e politicizzate di quelle dell'illustre collega, però non nutriamo dubbi sull'eticità, l'impegno civile e l'onestà intellettuale di questo cineasta.
Però, come si suol dire, spesso c'è differenza tra le intenzioni e i risultati. E ci rincresce constatare che nel caso di The Butler questa è davvero abissale, ovviamente tutta a sfavore del prodotto finito, che non riesce a sollevarsi dallo stereotipo del filmone hollywoodiano melenso e strappalacrime, zuccherosamente democratico e convenzionale fino allo stremo, che non riesce mai a toccare davvero le corde dell'emozione malgrado il cast sontuoso e l'abbondare di scene-madri dispiegate generosamente lungo i 113 minuti di durata.
Peccato, perchè The Butler poteva essere davvero un film importante: attraverso la storia di Cecile Gaines (nome di fantasia ma personaggio reale), maggiordomo di colore che per un trentennio fu silenziosamente al servizio di ben sette presidenti americani arrivando perfino a essere loro uomo di fiducia e consulente 'super-segreto', si presentava l'opportunità di sviscerare un pezzo importante di storia a stelle e strisce attraverso una lente d'ingrandimento del tutto particolare... invece il film di Daniels finisce per concentrarsi quasi esclusivamente sui volti e i caratteri dei vari leader, scavando nel loro privato (operazione legittima ma in questo caso 'fuori tema') e tralasciando gli aspetti sociali e strettamente politici. Finendo oltretutto per svilire lentamente lo stesso ruolo del protagonista, che piano piano esce di scena diventando sempre più spettatore e sempre meno personaggio chiave.
Una grande occasione sprecata quindi, malgrado la consueta notevole interpretazione di Forest Whitaker e di tutto il cast di supporto (da Oprah Winfrey a tutti gli attori che si immedesimano nei presidenti americani: Robin Williams, John Cusack, James Mardsen, Liev Schreiber, Alan Rickman). Ne viene fuori una specie di fiction di gran classe, forse più adatta alla tv che al cinema, oltre che un clamoroso e non richiesto spot all'amministrazione Obama. In questo modo si spiega anche la clamorosa débacle ai Golden Globes e agli Oscar, dove era considerato uno dei titoli più attesi e invece è finito abbastanza presto nel dimenticatoio.