The Congress – La recensione

Creato il 14 giugno 2014 da Drkino

by Valerio Daloiso · 14 giugno 2014

Il congresso di futurologia di Stanislaw Lem rivisto e manipolato dallo sguardo visionario e filosofico di Ari Folman….

Nel 2008 con Valzer con Bashir il regista israeliano Ari Folman stupì il festival di Cannes, realizzando un ‘opera dal forte valore morale utilizzando una tecnica, l’animazione, inusuale per il tipo di genere affrontato. Il film infatti narra la guerra in Libano degli anni 80 focalizzandosi sul massacro di Sabra e Shatila. Il conflitto è rievocato attraverso il tentativo del protagonista (lo stesso Folman) di ricordare gli eventi rimossi del giorno del massacro. Mescolando testimonianze di commilitoni compagni di guerra, giornalisti Folman costruiva un mosaico complesso sul relativismo della verità accentuato dallo stile naif ed espressionista dell’animazione. Con The congress prosegue sempre sulla stessa strada, ma alzando, se possibile, la posta in gioco. Questa volta mischia cinema live action e animazione in maniera piuttosto netta. Nella prima parte seguiamo l’attrice Robin Wright (nei panni di se stessa) alle prese con la scelta, estrema, se cedere o meno i diritti di sfruttamento della propria immagine nel senso letterale del termine. E’ stato infatti creato un potente software in grado di mappare e scansionare la totalità delle emozioni di un’attore per poi poterlo riprodurre con un avatar digitale assolutamente credibile in qualsiasi film senza più bisogno di set e di attori sul campo. Dopo alcuni tentennamenti dovuti a questioni di ordine morale, Robin accetta il contratto e decide di farsi scansionare. Passano venti anni e ritroviamo l’attrice diretta verso un importante congresso degli studios che hanno comprato la sua immagine dove dovrebbe rinnovare il proprio contratto. Qui prima di entrare nell’area degli studios assume una fiala che la trasporta in un mondo psichedelico che è poi l’inizio della seconda parte del film, quella cartoonizzata , Sarà ‘inizio di una serie di eventi allucinati e sorprendenti che coinvolgeranno la protagonista in uno sconvolgente viaggio psichedelico. Difficile riassumere The congress in poche parole tanto è visionario e denso di significati. Si ispira solo vagamente al romanzo di Stanislaw Lem per intraprendere una propria strada anche più complessa. I temi trattati sono molteplici, dal concetto di identità al labile confine tra desiderio e realtà, dalla relatività del libero arbitrio alla narcisitica ed egoistica ricerca dell’immortalità sintetizzata nel ruolo effimero dell’attore senza dimenticare una spruzzata di beffarda ironia nei confronti del cinismo sempre più dilagante dei grandi studios cinematografici. Questi sono solo alcuni dei concetti affrontati in questo film che risulta essere un labirintico e caleidoscopico contenitore di spunti, riflessioni e rimandi anche cinematografici (si veda la citazione de Il dottor stranamore). Potentissimo a livello di messa in scena sia nella parte live action (Ari Folman dirige magnificamente gli attori e sa dare ampio respiro alle immagini) che nella parte animata dove da sfogo ad una visionarietà incredibile. I disegni sanno essere buffi, grotteschi sublimi, crudeli e spaventosi allo stesso tempo evocando mondi lirici e placidi che dietro l’angolo nascondono abissi distopici. The congress è un film sbalorditivo e stordente tanto è ricco di cose da dire tra le quali anche un discorso metacinematografico sul concetto di rappresentazione. Tanta roba bolle in pentola insomma, forse pure troppa per un solo film di circa due ore, però che idea potente di cinema che ci offre Ari Folman, che abilità e scaltrezza registica, che capacità visionaria. Per chi scrive il film è un piccolo gioiello da non lasciarsi sfuggire. Approfittatene gente fintanto che la distribuzione italiana ci ha graziato con un’uscita in sala seppur tardiva. Questo è arte che si fonde col cinema restituendoci un pensiero, cinema “costruttivista” con la c maiuscola.

ARTE MORALE

Regia: Ari Folman – Cast: Robin Wright, Harvey Keitel, Danny Huston, Paul Giamatti – Israele/Polonia/Germania/Lussemburgo/Francia/Belgio, 2013 – Durata: 122 min.

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