The Crew – American Driver Story

Da Videogiochi @ZGiochi
di Danilo Barbieri

Figlio di una fase alpha e una lunga sessione di beta, finalmente abbiamo spolpato la versione definitiva di The Crew, MMO racing game sviluppato da Ivory Tower (Test Drive Unlimited) e Ubisoft Reflections (Driver), dunque ci troviamo di fronte ad un titolo che arriva dalle mani di due sviluppatori sicuramente esperti e capaci di regalarci il seguito spirituale di quel Need for Speed: Underground che fece innamorare milioni di videogiocatori. Ma The Crew non è solo corse clandestine e tuning estremo, è molto di più, perché la produzione Ubisoft si spinge oltre trasformandosi in multigiocatore di massa, un gioco di ruolo, una storia, un free-roaming in piena regola e soprattutto un gioco di guida. Insomma un titolo gigantesco.

Chiavi? Inserite. Cinture? Allacciate. Motore? Su di giri!

A pari passo con la scelta di Ubisoft di distribuire le copie per le recensioni dopo il lancio, in modo da fruire al meglio della formula di gioco proposta da The Crew, da soliti pacchiani ci siamo presi il giusto tempo per analizzare a pieno un titolo veramente gigantesco, che vive di una struttura seamless, ovvero esente da caricamenti, con una mappa enorme che ricopre interamente in scala gli Stati Uniti d’America. La vastità della mappa è una delle colonne portanti di questo The Crew, ma il girovagare per chilometri e chilometri senza uno scopo non sarebbe del tutto sensato, anche se in più di un occasione abbiamo tentato l’attraversamento da nord a sud solo per vedere quanto tempo impiegavamo. Per fortuna a venirci incontro, oltre a miriadi di missioni purtroppo vi è anche una storia principale ed un protagonista. Si gioca nei panni di Alex, un corridore illegale di Detroit (un misto tra Gordon Freeman e il Walter White della quinta stagione di Breaking Bad, solo nelle fattezze, perché in quanto a carattere e doppiaggio siamo decisamente distanti anni luce) che, imprigionato per l’omicidio del fratello di cui non è colpevole, viene annoverato tra le fila del FBI per infiltrarsi tra i fantomatici “5-10″ e sgominare l’intera banda, partendo dai pesci piccoli ed arrivando fino al V8, ovvero il boss di questa combriccola mafiosa che gestisce tutte le corse clandestine degli Stati Uniti d’America. Come nel più classico dei Fast & Furious e affini non manca niente e la trama di base avrebbe potuto funzionare relativamente bene se realizzata in maniera dozzinale, ma la finestra di dialogo e l’esposizione non riescono a suscitare alcun tipo di risposta da parte del giocatore, mentre i doppiatori risultano insistenti e fastidiosi durante la maggior parte delle ore di gioco, nelle quali saremo costantemente assaliti dai personaggi della storia, che ci spingeranno a completare le missioni e altre variabili, anche contro la nostra voglia.

Missioni principali e secondarie che sono presenti in larga scala e ricoprono interamente la mappa di gioco. Si spazia dal centinaio di gare, prove, rottami da ricercare, stazioni dati da sbloccare (nei giochi Ubisoft non mancano mai), punti di interesse, eventi online in pvp e story-mode il tutto fruibile solamente online. The Crew è infatti un gioco di guida totalmente online come ben saprete, cioè richiede una connessione costante con la rete, ma nonostante questa piccola postilla non ci si sente mai partecipi di un mondo vivo e popolato da altre persone. Certo, il modello degli Stati Uniti è enorme, a dir poco, e pieno di automobili, sia regolari che guidate da membri dei 5-10 (sempre controllati dall’IA), giusto per far sembrare che il club abbia soci che pattugliano le strade, ma il tutto ci è sembrato più un inganno per non mostrare le effettive incapacità dei server che una trovata logica per popolare il mondo di gioco. Di giocatori reali se ne trovano veramente pochi in una sessione e il più delle volte sono molto lontani dalla nostra posizione. Si può cercare di guidare con loro attraverso una coop veloce, ma interagire non è così facile a causa di un sistema di ricerca abbastanza goffo e problematico. Questo è sicuramente uno dei lati peggiori di The Crew, visto che oltre a far decadere in pochi minuti tutta la struttura su cui è stato costruito, se decideremo di affrontare il gioco da soli (saremo quasi costretti) andremo ad imbatterci in un titolo molto deludente e a tratti frustante, e se non si dispone di amici nella vita reale pronti ad unirsi alla nostra crew, sarà difficile trovarne altri e stabilire amicizie all’interno del gioco.

In termini di gameplay The Crew offre un’esperienza di corsa piuttosto standard, dove grossi problemi al volante non ce ne sono, a parte l’eccessivo effetto scivolata durante le curve, le manovre ad alta velocità e qualche tamponamento causato dal traffico che affolla le strade. Il titolo è in pieno stampo arcade, ovvero detiene un modello di guida surreale e molto spiccio che non fa differenza tra i vari livelli di asfalto e sterrato che andremo ad incontrare. Sicuramente questo piccolo e allo stesso tempo grande dettaglio potrebbe far storcere il naso ai più considerato che, pur cambiando aiuti di guida, tipi di auto o treno di gomme per adattare meglio il nostro stile ai percorsi affrontabili, non si percepisce alcuna sostanziale differenza. La personalizzazione dei veicoli è molto più approssimativa di quanto ci si aspettasse in un primo momento, o forse sarebbe meglio dire che si tratta di una personalizzazione fin troppo comune. Ad ogni veicolo verrà assegnato un kit di base per la personalizzazione di partenza, così da riuscire a sfruttare al meglio il potenziale dell’autovettura. Gli Starter Kit sono cinque (Tuning, Off-Road, Xtreme, Raid e Pista), mentre le auto saranno acquistabili nei vari concessionari oppure sbloccabili durante alcuni rarissimi eventi (le auto presenti su licenza sono circa una quarantina), accumulato il punteggio necessario e naturalmente dopo aver speso il giusto quantitativo di denaro in-game (o tramite le immancabili micro-transazioni); dopodiché saremo in grado di personalizzarne l’estetica con i più classici ammennicoli del genere, come minigonne, spoiler, vernici e molto altro. Parlavamo di una personalizzazione approssimativa perché si tratta di qualcosa di già visto, niente di così profondo o estremo come ci aspettavamo, tutti espedienti già presenti in numerosi titoli di corse. Aggiungere almeno alla fase custom un qualcosa di più avrebbe giovato all’originalità del pacchetto e aiutato sicuramente un titolo che dovrebbe fare del tuning e della personalizzazione il suo grande punto di forza. In termini di corsa vera e propria, si inizia con un’auto gratuita da migliorare gradualmente tramite nuovi pezzi o punti abilità (atti a migliorare alcune caratteristiche relative sia all’auto che al protagonista), come se fosse un personaggio di un MMORPG, e come abbiamo detto è possibile scegliere tra diverse specifiche di strada tramite gli Starter Kit che teoricamente sono le classi. Se non avremo il giusto equipaggiamento o livello di sfida adatto, alcune sfide ci saranno bloccate, ed è in quel momento che dovremmo andare a guadagnare upgrade utili (distinguibili da livello bronzo, argento, oro e platino) per aumentare il nostro veicolo di livello ed accedere così a nuove sfide. Per far ciò basterà completare eventi e sfide, ma come ormai il mercato videoludico ci ha abituati oggi, si potranno acquistare i potenziamenti tramite la spesa di soldi reali o con più fatica usando quelli in-game. Per aggirare il sistema e guadagnare qualche credito extra si può partecipare alle fazioni, che si traduce in aumentare esponenzialmente la propria valuta e partecipare ad eventi online che portino esperienza alla nostra auto e al nostro club. Difatti i 5-10 sono divisi in 5 fazioni (Aquile, Orsi, Serpi, Coccodrilli e Lupi)  e, progredendo nella storia, avremo la possibilità di unirci ad una di esse. Completando alcune missioni, otterremo reputazione per la nostra fazione e bottini in base a quanto guadagnato. Alla fine del mese, la fazione con più reputazione avrà accesso a missioni bonus con ricompense speciali, un duttile modo per guadagnare crediti extra e sopperire al rigido sistema economico che affligge la produzione di Ivory Tower.

Born in the U.S.A.

Per quanto riguarda i già citati eventi, non ne mancano di già visti e rivisti in altri videogiochi ed alcuni speciali che coinvolgono corse attraverso posti di blocco o fuga dalla Polizia (GTA docet). Questi possono rivelarsi spesso piuttosto frustranti, come gli inseguimenti, nei quali saremo noi i cacciatori, o le gare Endurance che possono andare avanti per molto tempo, anche oltre 1 ora, il che significa che spesso si arriva stanchi o frustrati, magari perdendo la corsa per aver sbagliato l’ultima curva (male la mancanza di riavvolgimento). Gli inseguimenti della polizia sono molto fastidiosi a causa della durezza dei poliziotti, in quanto possono catturarci in pochi secondi e possono facilmente seguire l’auto anche attraverso gli angoli più stretti. Come se non bastasse, quando l’elicottero ricerca viene inviato, il nostro compito diventa ancor più difficile. Alcune novità da questo punto di vista le troviamo quando si tratta di guidare attraverso il mondo di gioco, cioè in open-world, che dispone di centinaia di tipi di sfide diverse. Queste comprendono corse attraverso punti di controllo sempre più stretti, slalom, rottura di determinati ostacoli, o salti da veri stuntman cercando di atterrare in una zona prestabilita. Queste attività oltre a sbloccare pezzi utili per migliorare la nostra auto, aiutano l’esplorazione della mappa, e portano anche parecchia frustrazione, grazie a delle formule decisamente poco riuscite e risultati difficili da ottenere. Naturalmente, oltre alle missioni della storia ci sono un sacco di eventi secondari che è possibile completare in modo cooperativo e altre sfide dove dovremo gareggiare testa a testa. Queste modalità sono divertenti e funzionano, se non che i tempi di attesa nella ricerca di compagni con cui gareggiare sono piuttosto lunghi. Tutto questo mette in discussione l’aspetto social/online che dovrebbe sostenere quello che è realmente The Crew, ovvero un titolo always online adatto al divertimento in gruppo. Non capiterà di rado di trovare i server in mutazione, anche durante la gara, portando ancor più frustrazione se la connessione perderà stabilità, espellendoci in piena corsa e, una volta buttati fuori, costringendoci a rifare tutto daccapo.

Parlando della mappa attuale, abbiamo già detto come questa sia una delle poche qualità davvero impressionanti del gioco. Si arriva a esplorare una versione rimpicciolita degli Stati Uniti con poche grandi città, da Detroit e New York a Chicago, Los Angeles, San Francisco o Las Vegas. Queste sono abbastanza ben fatte, anche se coloro che effettivamente ci vivono troveranno certamente zone mancanti. Il gioco inizia a Detroit e purtroppo il suo ambiente urbano fatiscente dà una pessima prima impressione. Una volta raggiunte le vicine montagne e la prima neve, o attraversate le spiagge sabbiose di Miami, si ottiene un’idea più nitida di quello che The Crew può offrire. Per quanto riguarda la parte tecnica, il gioco da noi testato girava su Xbox One e possiamo dire di aver visto decisamente di meglio. Nonostante sia lodevole la qualità del titolo che è esente da caricamenti e mostra una mappa abnorme, i compromessi raggiunti dallo sviluppatore sono decisamente evidenti. Si parte dai 30 frame mai costanti e si arriva ad un dettaglio generale veramente penoso, con modelli poligonali di auto e città acerbi e texture che si ripetono all’infinito. Per quanto concerne il level design siamo dello stesso identico avviso, ovvero ambienti cupi, con le varie zone tutte identiche e città smorte che non riescono mai a dare la sensazione di bello e gigantesco, nonostante la possibilità di incontrare fauna locale ci abbia decisamente convinto. Per quanto riguarda la colonna sonora, troviamo campionamenti ottimi ed una soundtrack variabile con parecchie stazioni radio, mentre per il doppiaggio totalmente in italiano ci limitiamo ad un bel “no comment”, visto che poche volte le nostre orecchie hanno udito di peggio. Segnaliamo infine la mancata release di The Crew su PlayStation 3, che per quanto detto da Ubisoft è da vedersi come una piattaforma con un’architettura non compatibile al loro prodotto… anche se ci crediamo poco.


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