La trama
Nel 1926 una giovane coppia di pittori danese (Einar e Gerda Wegener) vive il proprio matrimonio in serenità e gaiezza. Ad un certo punto Gerda chiede a Einar di travestirsi per gioco e la cosa sfocia per una strada imprevista, con il risveglio della sua omosessualità latente e della sua anima femminile (Lili Elbe) imprigionata nel corpo sbagliato.
Ciak, emozione
Cosa può spingere un ragazzo con una moglie bellissima, dolce e sensibile all’imitazione, al voler essere come lei? Sono misteri della psiche umana che molti specialisti stanno ancora indagando.
Per noi profani dell’argomento rimane il piacere di un’ottima recitazione, sentita e vissuta come poche, e di un tema molto delicato che costeggia un terreno insidioso come il transgender (sull’argomento interessante anche La moglie del soldato, ve lo ricordate?).
Anche la fotografia è mozzafiato, con primissimi piani che evidenziano i dettagli di un’anima che sta mutando, sta cercando la sua identità, la sua dimensione in un mondo dove questi argomenti erano ancora tabù e venivano trattati alla stregua delle malattie mentali. Un amore, quello della moglie, che supera le difficoltà e non viene scalfito da un cambiamento notevole, con una dedizione straordinaria quasi commovente. Premio Oscar come migliore attrice non protagonista Alicia Vikander: fisico mozzafiato, viso stupendo e una recitazione molto intensa, dai suoi occhi traspare il dolore e le lacrime per la perdita di suo marito e per l’arrivo di Lily, nata prima come un gioco e poi diventata la personalità dominante del ragazzo/a.
Un film con un tema forte alla base che si snoda attraverso l’evoluzione e la crescita dei personaggi, messi di fronte ad una scelta quasi impossibile, con forti sacrifici alle spalle e molte difficoltà all’orizzonte.
Tratto da un romanzo basato su una storia vera, Lily è diventata l’icona del movimento transgender per la purezza dei suoi sentimenti e il coraggio dimostrato nel mostrare il suo vero io interiore in un contesto storico decisamente sfavorevole; primo uomo riconosciuto e documentato ad aver effettuato un intervento di riassegnazione sessuale.
Concludendo
In America è stato vietato ai minori per via di qualche scena di nudo che, tra parentesi, è molto bella e ben girata: la volgarità o l’oscenità spesso risiede negli occhi di chi guarda.
Un’ottima pellicola, molto intensa e toccante, per capire e comprendere le difficoltà, il percorso emotivo e fisico che queste persone devono affrontare per vedere riconosciuta e affrancata la propria identità, per non morire dentro, per essere finalmente liberi/e di essere ciò che sono realmente. Eddie Redmayne, già premio Oscar con La teoria del tutto, riconferma la sua straordinaria versatilità e bravura.
Un ottimo lavoro, spero di vedere altre opere di questo regista. Complimenti.
Voto: 9/10