The Dark Knight Rises: il marchio di fabbrica dei fratelli Nolan

Creato il 27 novembre 2012 da Pianosequenza

Il cavaliere oscuro – Il ritorno
(The Dark Knight Rises)
Christopher Nolan, 2012 (Gran Bretagna, USA), 164’
voto su C.C.
uscita italiana: 29 agosto 2012 Le vicende di Batman riprendono a qualche anno da quelle narrate ne Il cavaliere oscuro, quando l’eroe mascherato aveva scelto di sacrificare il suo buon nome in favore dell’amata Gotham City. Bruce Wayne (Christian Bale) è diventato un recluso, in stile Howard Hughes, rintanato in un’ala del suo palazzo e ben distante dalla facciata di mondanità a cui aveva abituato i concittadini. Con lui, anche Batman è andato in pensione, grazie all’efficacia delle nuove leggi (!) promulgate dopo la sua infamante dipartita dalla scena pubblica. I malvagi però, come ricorda il detto, non riposano mai e dunque ecco all’orizzonte il forzuto Bane (Tom Hardy) sadico terrorista pronto a far tornare Gotham alla consueta, violenta, anarchia. Negli ultimi anni i fratelli Christopher e Jonathan Nolan si sono dimostrati, persino più di James Bond, il migliore tra i diamanti cinematografici che la regina può sfoggiare ai ricevimenti di gala: allevati dalla sempre benevola periferia americana i due britannici (con una affiatata collaborazione regista-autore che ha garantito le luci della ribalta solo al più noto Christopher) hanno imposto un nuovo modo di concepire il cinema d’azione, nel quale alla sceneggiatura viene restituita una insolita centralità; si tratta di un modello che sta contribuendo ad influenzare significativamente le più recenti produzioni nel genere, basti pensare allo Sherlock Holmes di Ritchie, allo Spider Man di Webb e, non ultimo, al già citato 007 di Mendes. 
Dopo il successo di Following e Memento, la macchina narrativa dei Nolan ha iniziato ad essere oliata da budget sempre più hollywoodiani pur restando, con merito, fondamentalmente fedele ai suoi capisaldi. Solo così è stato possibile affrontare una impresa come quella di metter mano alle avventure dell’uomo pipistrello dopo che Tim Burton ne aveva definito, in modo indelebile, nuovi e ben distinguibili caratteristiche; la necessaria rivoluzione, partita timidamente con Batman Begins ha raggiunto vertici d’eccellenza con i successivi due capitoli, nei quali è divenuto possibile sfruttare un background e una cifra stilistica ormai peculiari. A Bruce Wayne viene riconosciuta concretamente tutta la fragilità che deriva dall’essere un supereroe senza poteri innati: si tratta di un uomo comune, un filantropo, reso “macchina da guerra” solo grazie alla tecnologia fornita dalle sue industrie, e che in quanto tale conquista l’empatia dello spettatore più di quanto ogni altro eroe possa immaginare. I Nolan, comprendendo questo, ne sfumano ogni dettaglio da fumetto, rendono freddi e reali i colori da fiaba burtoniana fino a farne scomparire anche solo il ricordo; quello che resta è l’avventura di un uomo posto di fronte alla malignità dei suoi simili e del suo mondo, riflesso caricaturale del nostro. Così ogni livido ed ogni goccia di sangue sono veri, ogni caduta è più dolorosa: per questo ogni piccola vittoria, anche se ha i connotati della resa, merita una rinnovata ammirazione.
Christian Bale, camaleonte della celluloide se ce n’è uno, interpreta il ruolo con dedizione, garantendo a Wayne una fisicità convincente, ancora una volta piena di quella “umanità” che rappresenta il fulcro dell’intera narrazione. Ad affiancarlo in questo episodio ci sono Anne Hathaway, ammirabile riedizione di cat woman in sintonia con l’atmosfera del film, e Joseph Gordon-Levitt, nei panni di un eroico poliziotto pronto a sacrificarsi per la causa. Insieme alla consueta pletora di stelle a far da supporto (Morgan Freeman, Michael Caine, Gary Oldman) completa il cast Marion Cotillard pronta ancora una volta ad assecondare il curioso convincimento dei Nolan (vedi Inception) che intravedono nei suoi delicatissimi lineamenti caratteristiche perfette per una furente e diabolica antagonista.
The Dark Knight Rises supera agevolmente le due ore senza inciampare in momenti di stanca: lo spettatore, al quale è sempre richiesta un’attenzione alla storia che non ha pari in film di genere simile, può godersi ogni minuto scegliendo se approfittare solo delle (ben concepite) sequenze d’azione o se provare anche ad avventurarsi nella giungla di significati più o meno evidenti che la storia cela.
Una simile avventura merita almeno un tentativo.

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