Un gruppo di giovani amici americani in vacanza a Mosca dovrà far leva su tutte le energie vitali a loro disposizione per fronteggiare un massiccio attacco alieno sottoforma di misteriose entità elettromagnetiche. Gli alieni sembrano indistruttibili...Orrendamente tradotto in italiano con il tremendo titolo "L'ora nera", "The Darkest Hour" di Chris Gorak, a me non è sembrato così brutto come preventivato da molte voci ancor prima di vederlo. Non è certamente un capolavoro della sci-fi, ma inietta tuttavia guizzi di creatività inusuale nel genere. Innanzitutto perchè tocca di striscio il tema di "Vanishing on 7th Street" (2010) di Brad Anderson, ma se ne allontana subito, a partire da una location particolarmente suggestiva, la città di Mosca, meta esotica e aliena per un americano, già di per sè . Ulteriore spunto originale è l'immagine stessa dell'"alieno", che qui è pura potenza senza altra caratterizzazione o forma. Si tratta cioè di pura energia distruttiva, al cui semplice contatto l'Umano scompare: polvere era e polvere ritornerà, come accadeva, certo nel remake de "La Guerra dei Mondi" (2005) di Steven Spielberg, ma qui senza le movenze riflessivo-moralistiche del regista di E.T. Gorak desidera semplicemente mettere in scena una prospettiva straniante, ripescando da stereotipi del cinema di fantascienza classico, ma senza cadere nel ripetitivo o, peggio, nello scimiottante. Raccontare oggigiorno una storia di "fantascienza" è poi molto difficile, considerata la mole di sottotesti, intrecci e livelli stratificati di storie "già viste", cioè già raccontate. Il regista, art director di "Fight Club" (di Fincher, del 1999) e di "Minority Report"-2002 (di Spielberg, tratto da un racconto di Philip K. Dick), approdato alla regia con "Right at your door" (2006), sceglie di descrivere "non descrivendo" l'alieno, cioè segnalandocelo soltanto come forza, vettore energetico privo di qualsiasi altra connotazione, scelta che appare in quanto tale molto riuscita, in primis nel suo intento evocativo e anti-saturante. La storia infatti comincia in modo mollemente edonistico, rappresentandoci questi due amici statunitensi, Sean (Emile Hirsch) e Ben (Max Minghella) che, giunti a Mosca, si apprestano a vivere notti di follie in esclusivi night-club della capitale. L'edonismo post-reaganiano non dura tuttavia molto, poichè gli alieni elettrici mandano tutto in black-out e cominciano la loro caccia all'essere vivente, costringendo tutti a un fuggi fuggi generale per salvarsi la pelle. Si creerà così, casualmente, un gruppetto di sopravvissuti in una città trasfigurata da scenari immediatamente postatomici, che vagherà per la metropoli, da edificio a edificio, dapprima alla ricerca di altri sopravvissuti, e poi di una potenziale arma di difesa dal nemico quasi-invisibile. Come dicevo all'inizio, non siamo di fronte ad un capolavoro di genere fantascientifico, nè tanto meno rispetto all'interazione tra i protagonisti che, in alcune occasioni non fanno altro che urlare e sparare nel vuoto, senza mai colpo ferire in senso estetico-filmico. Tuttavia abbiamo visto cose ben peggiori in altri film più pomposi e presuntuosi di questo "The Darkest Hour", che invece tiene un profilo basso ed equidistante da ogni eccesso, da qualsiasi parte lo si guardi, raccontando una storia dalla sceneggiatura certamente scontata ma che si regge sulle sue gambe dall'inizio alla fine, senza lodi sperticate, ma anche senza infamie particolari. Inoltre, parlando di personaggi e di storia (gli ingredienti essenziali di ogni sceneggiatura, appunto), mi è piaciuta non poco la coppia di russi con gatto annesso, incontrati dai protagonisti sul cammino: bohemien al punto giusto, sembrano appena usciti da un romanzo di Pennac, ambientato nella familiare e rustica Belleville, e donano un tocco di creatività inaspettata a tutto il plot, nonostante la veloce sparizione di uno dei due. Lo script si sfilaccia un pò nel prefinale, che vira verso un finale di pura inverosimiglianza. Ma perchè dovremmo aspettarci di trovare verosimiglianza in un film di fantascienza? Interni ed esterni sono poi allestiti, scelti e fotografati in modo molto suggestivo, e rendono l'inverosimile decisamente digeribile, tollerabile. Direi quindi che a Chris Gorak va riconosciuto il merito di aver orchestrato un film di intrattenimento sci-fi che si pone decisamente al di sopra di molte opere contemporanee centrate su tematiche affini, e che, principalmente per questo motivo, unitamente agli altri sin qui detti, "The Darkest Hour" è un film del quale senza dubbio consiglierei la visione.Regia: Chris Gorak Soggetto e sceneggiatura: Jon Spaihts, Leslie Bohem, M.T. Ahern Fotografia:Scott Kevan Montaggio: Fernando Villena Musiche: Tyler Bates Cast: Emile Hirsch, Rachel Taylor, Olivia Thirbly, Joel Kinnaman, Max Minghella, Dato Bakhtadze, Yuri Kutsenko. Nazione: USA Produzione: Recency Enterprises, Summit Entertainment, Bazelev Production Durata: 89 min.
Un gruppo di giovani amici americani in vacanza a Mosca dovrà far leva su tutte le energie vitali a loro disposizione per fronteggiare un massiccio attacco alieno sottoforma di misteriose entità elettromagnetiche. Gli alieni sembrano indistruttibili...Orrendamente tradotto in italiano con il tremendo titolo "L'ora nera", "The Darkest Hour" di Chris Gorak, a me non è sembrato così brutto come preventivato da molte voci ancor prima di vederlo. Non è certamente un capolavoro della sci-fi, ma inietta tuttavia guizzi di creatività inusuale nel genere. Innanzitutto perchè tocca di striscio il tema di "Vanishing on 7th Street" (2010) di Brad Anderson, ma se ne allontana subito, a partire da una location particolarmente suggestiva, la città di Mosca, meta esotica e aliena per un americano, già di per sè . Ulteriore spunto originale è l'immagine stessa dell'"alieno", che qui è pura potenza senza altra caratterizzazione o forma. Si tratta cioè di pura energia distruttiva, al cui semplice contatto l'Umano scompare: polvere era e polvere ritornerà, come accadeva, certo nel remake de "La Guerra dei Mondi" (2005) di Steven Spielberg, ma qui senza le movenze riflessivo-moralistiche del regista di E.T. Gorak desidera semplicemente mettere in scena una prospettiva straniante, ripescando da stereotipi del cinema di fantascienza classico, ma senza cadere nel ripetitivo o, peggio, nello scimiottante. Raccontare oggigiorno una storia di "fantascienza" è poi molto difficile, considerata la mole di sottotesti, intrecci e livelli stratificati di storie "già viste", cioè già raccontate. Il regista, art director di "Fight Club" (di Fincher, del 1999) e di "Minority Report"-2002 (di Spielberg, tratto da un racconto di Philip K. Dick), approdato alla regia con "Right at your door" (2006), sceglie di descrivere "non descrivendo" l'alieno, cioè segnalandocelo soltanto come forza, vettore energetico privo di qualsiasi altra connotazione, scelta che appare in quanto tale molto riuscita, in primis nel suo intento evocativo e anti-saturante. La storia infatti comincia in modo mollemente edonistico, rappresentandoci questi due amici statunitensi, Sean (Emile Hirsch) e Ben (Max Minghella) che, giunti a Mosca, si apprestano a vivere notti di follie in esclusivi night-club della capitale. L'edonismo post-reaganiano non dura tuttavia molto, poichè gli alieni elettrici mandano tutto in black-out e cominciano la loro caccia all'essere vivente, costringendo tutti a un fuggi fuggi generale per salvarsi la pelle. Si creerà così, casualmente, un gruppetto di sopravvissuti in una città trasfigurata da scenari immediatamente postatomici, che vagherà per la metropoli, da edificio a edificio, dapprima alla ricerca di altri sopravvissuti, e poi di una potenziale arma di difesa dal nemico quasi-invisibile. Come dicevo all'inizio, non siamo di fronte ad un capolavoro di genere fantascientifico, nè tanto meno rispetto all'interazione tra i protagonisti che, in alcune occasioni non fanno altro che urlare e sparare nel vuoto, senza mai colpo ferire in senso estetico-filmico. Tuttavia abbiamo visto cose ben peggiori in altri film più pomposi e presuntuosi di questo "The Darkest Hour", che invece tiene un profilo basso ed equidistante da ogni eccesso, da qualsiasi parte lo si guardi, raccontando una storia dalla sceneggiatura certamente scontata ma che si regge sulle sue gambe dall'inizio alla fine, senza lodi sperticate, ma anche senza infamie particolari. Inoltre, parlando di personaggi e di storia (gli ingredienti essenziali di ogni sceneggiatura, appunto), mi è piaciuta non poco la coppia di russi con gatto annesso, incontrati dai protagonisti sul cammino: bohemien al punto giusto, sembrano appena usciti da un romanzo di Pennac, ambientato nella familiare e rustica Belleville, e donano un tocco di creatività inaspettata a tutto il plot, nonostante la veloce sparizione di uno dei due. Lo script si sfilaccia un pò nel prefinale, che vira verso un finale di pura inverosimiglianza. Ma perchè dovremmo aspettarci di trovare verosimiglianza in un film di fantascienza? Interni ed esterni sono poi allestiti, scelti e fotografati in modo molto suggestivo, e rendono l'inverosimile decisamente digeribile, tollerabile. Direi quindi che a Chris Gorak va riconosciuto il merito di aver orchestrato un film di intrattenimento sci-fi che si pone decisamente al di sopra di molte opere contemporanee centrate su tematiche affini, e che, principalmente per questo motivo, unitamente agli altri sin qui detti, "The Darkest Hour" è un film del quale senza dubbio consiglierei la visione.Regia: Chris Gorak Soggetto e sceneggiatura: Jon Spaihts, Leslie Bohem, M.T. Ahern Fotografia:Scott Kevan Montaggio: Fernando Villena Musiche: Tyler Bates Cast: Emile Hirsch, Rachel Taylor, Olivia Thirbly, Joel Kinnaman, Max Minghella, Dato Bakhtadze, Yuri Kutsenko. Nazione: USA Produzione: Recency Enterprises, Summit Entertainment, Bazelev Production Durata: 89 min.
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