The divide

Da Lupokatttivo

cartoline dall’apocalisse

Ci sono prodotti capaci di toccare nervi scoperti con precisione chirurgica. Ci sono storie che non si raccontano, si vivono, sulla pelle, e nella pancia grazie alla potenza delle immagini. Livido, malato, visionario, claustofobrico, perverso, forte, angosciante, sporco, bugiardo, allucinato, feroce, paranoico. L’apocalisse, il bunker, le radiazioni come non ce le hanno mai raccontate. Nove persone, uno scantinato, e fuori l’olocausto nucleare. Ci raccontano poco e niente sul perche’, sui motivi, sulle conseguenze. Lo viviamo da protagonisti non da spettatori, sigillati anche noi dentro le nostre angosce. Una regia impertinente e lucida, e un montaggio deciso e didascalico che ti portano li’ nel mezzo di un azione che si dipana strisciando tra i corridoi bui di un’unica lunghissima agonia. Una discesa all’inferno senza ritorno, senza speranza, senza indulgenza. Un film che convince dall’inizio alla fine, che rivela i veri mostri. Niente alieni, nessun facciotto di gomma, niente serial-killer piacioni; qui c’e’ il branco, c’e’ la degenerazione, ci sono le dinamiche del potere, c’e’ la soppraffazione, tutto terribilmente reale. “The divide” e’ come l’uomo: imperfetto, volgare, superpredatore. Non aspettatevi la canonica oretta e mezzo spensierata. Se avrete voglia di guardarlo, sappiate che ve lo porterete appresso per un po. Orribilmente sublime.


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