The Feelies - La rivincita dei nerds

Da Lesto82

LO SPELEOLOGO

di NICOLAS ICARDI

Nati nel 1976 per opera di Bill Million (chitarra e voce) e Glenn Mercer (chitarra,voce,tastiere), due studenti della middle-class, originari di Haledon nel New Jersey, fanno gavetta col batterista Dave Weckerman e John J. al basso interpretando cover di Stooges e Velvet Underground facendosi chiamare Outkids. I quattro iniziano poco a poco a farsi apprezzare suonando nelle feste, ma i primi due anni sono inevitabilmente di transizione, vista la giovanissima età dei musicisti. Il 1978 vede l'abbandono della sezione ritmica, rimpiazzata più che degnamente con l'ingresso dei fratelli De Nunzio, Keith (basso) e Viny (batteria) e il gruppo assume il nome di Feelies. Incominciano quindi a farsi notare su più ampia scala meritandosi la palma di “miglior band underground di New York” e facendo breccia nella critica esibendosi al famoso locale CBGB's. La loro ricetta è semplice eppure rivoluzionaria al contempo: suonare rock senza abusare degli stereotipi del genere, trasfigurare la forma canzone secondo la lezione dei Velvet Underground, lambirne il minimalismo, condire il tutto con attitudine schizoide (come i primi Talking Heads), ma senza calcare troppo l’acceleratore, ragion per cui, la tenue psichedelia dei R.E.M. degli esordi, per loro stessa ammissione, ne sarà pesantemente influenzata. Per cui ai Feelies riesce un’impresa senza precedenti, ovvero creare qualcosa di nuovo, originale e mai sentito prima, pescando direttamente dalla tradizione, a cui si sentiranno sempre legati inserendo negli album almeno una cover di un gruppo del passato. Nel 1978 alla batteria Anton Fier si avvicenda a De Nunzio e la line-up si assesta su quella che di lì a due anni pubblicherà il primo album. Ora i Feelies sono pronti per il grande salto, sebbene solo nel 1979 pubblichino il primo singolo, "Fa Cé-La", e di lì a breve firmeranno per la Stiff. Registrato tra la primavera e l’estate del 1979 a New York, "Crazy Rhythms" vede la luce solo nell’aprile del 1980 (in copertina il quartetto sfoggia aria studentesca e occhialoni da secchioni). Mai attesa si era rivelata più proficua. Capolavoro "schizzato" di art-rock chitarristico, che aggiorna la lezione dei seminali Television al post-punk, addentrandosi in sentieri misteriosi ed ambigui. E' Anton Fier: uno dei più grandi batteristi di tutti i tempi con il suo "tocco" nervoso, sincopato e, a tratti, sconnesso, a conferire al Feelies-sound il primo barlume di genio. Il secondo deriva dall'alchimia perfetta tra le chitarre di Mercer e Million: gli accordi si rincorrono e estasiati, svaniscono. Fate uno più uno, e avrete uno dei massimi capolavori della new wave. Le vendite però tardano ad arrivare, Mercer e Million sono in polemica con la Stiff per la direzione artistica, mentre Anton Fier sempre più richiesto lascia per unirsi ai Lounge Lizards. A questo punto il gruppo si sfalda. Se n'erano andati, com'erano venuti, nella penombra dell'underground, tornando al circuito amatoriale. Million e Mercer iniziarono a lavorare con gruppi minori, i Trypes, gli Yung Wu del vecchio amico Weckerman, i Dr.Robert fino a fondare i Willies gruppo indirizzato verso soluzioni ambient. Dopo alcuni anni, un pò a sorpresa dai Willies, formati sempre da Million e Mercer, Weckerman (percussioni), il prodigioso Stan Demeski (batteria) e Brenda Sauter (basso e violino) rinascono i Feelies con l'album "Good Earth" (1986), co-prodotto da Peter Buck dei R.E.M. Il sound si è fatto più melodico e rilassato, al limite del country e del folk-rock. Alcuni brani erano quanto di meglio l’alternative rock americano di metà anni '80 potesse offrire, ma la loro ritrosia ad esibirsi in pubblico e la testarda rinuncia a qualsiasi compromesso commerciale lo tennero ai margini del mercato che conta. Passano altri due anni ed esce "Only Life" (1988) che sarà l'apice manieristico del loro art-rock, capace di cucinare insieme spunti presi da Brian Eno, dal folk, dall'hard rock e dalla psichedelia. Il quintetto e` perfettamente affiatato. Demeski, in particolare, si conquista la palma di uno dei massimi batteristi della sua generazione. E' un disco spaventosamente maturo, bello sotto ogni profilo, il gradino più alto raggiunto dai Feelies dai tempi di "Crazy Rhythms", ma nemmeno questo album riscosse un successo tale da confortare le lodi espresse dai più avveduti critici contemporanei. Così quando uscì "Time For A Witness", nel 1991, sembrò chiaro che la discografia della band non avrebbe avuto un altro seguito. E' un disco assordante, quasi heavy-metal, se paragonato alle prove quasi acustiche degli anni '80, pur conservando le caratteristiche del passato (i frenetici accordi di chitarra, i ritmi stratificati di due percussionisti, i vocalizzi gelidi e distaccati). Benché l'album resta apprezzabile, la musica del gruppo sembra ormai chiusa in un cliché, infatti, si avvertì subito la sensazione che il gruppo stesse tornando pericolosamente sui propri passi. Sembrò che Million e Mercer non avessero più energie per avanzare. Oggi non resta che constatare quanto poco coraggio abbiano avuto al tempo Million e Mercer, i quali piuttosto che virare in una forma più attuale e aggiornata delle proprie geniali intuizioni, altro non seppero fare che sparpagliarsi. Mentre i R.E.M., a loro debitori in più modi, raccoglievano finalmente i frutti dell’insistente lavoro fatto da indipendenti, i Feelies cessarono d’esistere. Bill Million lasciò il mondo della musica per un lavoro normale, Glenn Mercer e Dave Weckerman provarono a restaurare l’antico feeling con i Wake Ooloo, troppo simil-Feelies per esser veri (tre album indipendenti all’attivo). I Feelies si riformeranno nel 2008, dando vita ad alcuni concerti in cui ripropongono principalmente le canzoni dei primi album, e sembra che stiano preparando nuovo materiale per un nuovo album che dovrebbe uscire nel 2011 ad esattamente 20 anni dall'ultimo album.
Dal primo album "Crazy Rhythms" vi propongo 4 tracce:
"The Boy With The Perpetual Nervousness", inizia con le carezze della batteria di Anton Fier, poi parte la progressione impareggiabile delle chitarre del duo Mercer/Million, e subito si nota un’asciuttezza che conquista con lo sfrenato tribalismo di Fier in primo piano e quel suono vorticoso di chitarre impazzite e stranianti.
“Loveless Love”, introdotta da sequenze minimali di accordi e dal batterismo di Fier e uno dei vertici dell'album: chitarre ancora una volta secche eppure impregnate di ansia, squillanti, un assolo iniziale che strazia l’anima e il canto androide e stralunato di Mercer.
“Original Love”, ancora una volta, le chitarre di Mercer e Million si intelaiano a meraviglia, si impennano nei loro riverberi, anche se hanno dalla loro già la ricerca di una matrice folk che possa in un modo o nell’altro salvarli dall’alienazione, che senza farsi attendere fa capolino anche in questo brano.
"Moscow Nights" si apre in uno spettacolo di accordi subliminali ipnotici. Poi, si lancia in un'altra progressione imperiosa, fino all'ultima nota di chitarra, tesa allo spasimo. E' un altro saggio della loro arte, la sezione ritmica, detta le geometrie del brano, le chitarre, ora sullo stile d’accompagnamento ora folkeggianti e in preda a convulsioni, sono protagoniste fino all'ultimo frangente del brano (tesissimo esempio di post-folk).
I Feelies furono uno dei gruppi più importanti della loro epoca. Con loro nacque una musica nervosa e schizzofrenica, tracce dei Feelies sono riscontrabili in decine e decine di gruppi anglo-americani degli anni 80'-90', probabilmente anche in molti di quelli non ancora formati, quelli che verranno in futuro. Non si può non usare l'aggettivo "seminale" quando si parla di "Crazy Rhythms" (ma a loro volta bisogna dire che anche i Feelies si mossero su coordinate già tracciate), un disco mitico (anche per la sua scarsa reperibilità), che la polvere del tempo non ha minimamente offuscato, anzi. Geniale.

sito ufficiale

THE BOY WITH THE PERPETUAL NERVOUSNESS - 1980

Audio

LOVELESS LOVE - 1980

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ORIGINAL LOVE - 1980

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MOSCOW NIGHTS - 1980

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a domenica prossima...


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