The Freak incontra Andrea Iacomini, Portavoce Unicef Italia: “Diamo voce ai bambini invisibili”

Creato il 25 dicembre 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Sempre più spesso, negli ultimi anni, mi è capitato di subire l’avvicinarsi del Natale in maniera passiva; infastidita dal bombardamento di pubblicità melliflue, dalla corsa ai regali, dal traffico in tilt, a stento ho trovato il tempo e la serenità necessari per meditare, pregare, o quantomeno riflettere sul senso di una ricorrenza che, come nessun’altra, fa sentire il suo arrivo. Per ciascuno di noi sarà festa religiosa, vacanza in famiglia, giorno di bagordi, o solo una seccatura; ma trasformare il fracasso insensato in un messaggio fecondo non può che farci bene.

Forse ci sono riuscita grazie all’incontro con Andrea Iacomini, da un anno portavoce per Unicef Italia. La sede romana ci ha aperto le sue porte di alveare operoso, permettendoci di carpire un po’ di quell’energia che sta dietro ai progetti della più grande organizzazione per la tutela dei diritti dell’infanzia nel mondo.

Classe 1974, giornalista, Andrea Iacomini si è laureato in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli, senza mai abbandonare l’attività politica, intrapresa con passione già all’età di 18 anni. Qualche delusione sul campo, e la propensione al volontariato forgiata negli ambienti scout, contribuiscono alla svolta decisiva nel suo percorso professionale: diventa prima addetto stampa e comunicazione all’Osservatorio delle Regioni per la Cooperazione e lo Sviluppo, poi capo ufficio stampa dell’Assessorato famiglia e infanzia del Comune di Roma. Qui conosce Vincenzo Spadafora, attuale Garante per l’infanzia e l’adolescenza, che allora rivestiva il ruolo di Presidente di Unicef Italia: qui, grazie proprio a quell’incontro, approderà nella veste di capo ufficio stampa, per poi essere nominato nel 2011 Portavoce di Unicef Italia.

Nella foto in alto Elena Rosazza Gianin e Andrea Iacomini

In una delle tue prime dichiarazioni da Portavoce, hai posto l’obiettivo della sensibilizzazione, anche attraverso i nuovi media: cosa significa, in concreto, sensibilizzare?

Il Comitato italiano dell’Unicef è un’agenzia che deve raccogliere fondi per i progetti dell’organizzazione mondiale, quindi, in primo luogo, dobbiamo comunicare alle persone che solo con il loro contributo possiamo attuare quei progetti.

In secondo luogo, vogliamo far capire come funziona il nostro lavoro, e smentire la vulgata del “grande carrozzone che si mangia i soldi delle donazioni”: niente di più lontano dalla realtà. L’Unicef ha uno statuto particolare di Organizzazione non Governativa (ONG), e si relaziona con l’ONU tramite un accordo di cooperazione; il che significa che noi non siamo direttamente dipendenti dalle Nazioni Unite e non ne percepiamo gli stipendi, quindi di ogni euro che arriva in donazione, l’80% finanzia le missioni, mentre il restante 20% serve a pagare le professionalità, gli stipendi e gli investimenti in comunicazione.

Terza declinazione della sensibilizzazione: rivolgersi alla generazione 2.0 non ha come obiettivo primario quello della raccolta fondi, perchè si sa che il budget di uno studente è limitato, soprattutto di questi tempi. Si punta, piuttosto, ad informare sul lavoro del volontario, figura protagonista di ogni battaglia, e sul potenziale dei social network, e del web in generale, nella comunicazione. Sia per veicolare le campagne, sia per ottenere un risultato, in termini di causa-effetto istantaneo. Pensate che, grazie a un mio tweet diretto al Ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi, sono riuscito ad attirare la sua attenzione sull’emergenza in Siria, e ad ottenere una sua risposta su Twitter, personale e immediata! Ecco dunque che la sensibilizzazione 2.0 funziona anche con le istituzioni.

(Assegnato dall’UNICEF Germania il Premio internazionale “UNICEF foto dell’anno 2012″.
È stato vinto dall’italiano Alessio Romenzi per questo scatto: una bambina in sala d’attesa nell’ospedale Dar El Shifa di Aleppo, in Siria.
Il suo volto, in contrasto con il braccio che impugna un kalashinov in primo piano, fa percepire la vulnerabilità dei bambini che vivono nei contesti di guerra. L’UNICEF continua il suo intervento umanitario per raggiungere il maggior numero possibile di bambini).

Nei confronti dei giovani, poi, la sensibilizzazione si traduce, più profondamente, in educazione ai valori contenuti nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989. Così la chiamata a farsi portatori di una missione ideale, quella di costruire un mondo più giusto, di essere la generazione che guarderà al supremo interesse del bambino, diventa estremamente accattivante. Ecco perché abbiamo creato Younicef, progetto parallelo e rivolto ai ragazzi, che dal semplice fundraising sta assumendo sempre più una propria identità.

Su Facebook Unicef Italia ha più di 96.800 like.

Segui anche su Twitter Unicef Italia.

L’Unicef, quindi, ha ormai adottato una comunicazione 2.0?

Sì, ma l’innovazione non si ferma alla tecnica comunicativa. Con l’arrivo di noi giovani, più sensibili al 2.0, infatti, l’Unicef ha decisamente cambiato rotta, concentrandosi sempre di più sui contenuti dell’azione nel mondo.

Esempio eclatante è stata la campagna Io come tu, durata due anni e documentata nel rapporto Facce d’Italia, mirata a dare la cittadinanza italiana ai bambini nati da stranieri, in Italia. Il nostro mandato mondiale ci impone di rimuovere le discriminazioni subite dai bambini nei Paesi che hanno ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (vale a dire tutti tranne USA e Sudan); tra queste, il mancato riconoscimento di pari diritti a tutti i bambini nati sul territorio nazionale è riscontrabile, appunto, anche in Italia, dove ancora vige una legge del 1991, ormai anacronistica. Speriamo che la forza e la risonanza della campagna sul web porti presto i suoi frutti, e in questo senso fa ben sperare la partecipazione attiva del Ministro per la Cooperazione e l’Integrazione Andrea Riccardi.

In che modo vi occupate della formazione dei bambini a scuola, così importante per ogni società, eppure così spesso bistrattata?

Essendo il nostro un mandato mondiale, non abbiamo la competenza per occuparci dei problemi nazionali; ciò precisato, monitoriamo attentamente le scuole. Innanzitutto facciamo percorsi di conoscenza e studio della Convenzione presso le elementari, medie, e superiori che aderiscono al progetto Scuole amiche, approfondendo anche i temi a noi più cari, come quello della cittadinanza appunto.

Per quanto riguarda il diritto allo studio in senso stretto, un recente rapporto evidenzia come globalmente gli Stati investano troppo poco nell’istruzione; l’Unicef però agisce a monte, portando le scuole là dove i bambini nemmeno ci possono andare. Questo presuppone che si debba convincere, ad esempio, le comunità dell’Asia meridionale che le spose bambine devono andare a scuola per apprendere quali siano i loro diritti.

In Pakistan, Malala si era alzata per la prima volta a rivendicare il diritto all’istruzione proprio in una scuola gestita dall’Unicef, divenendo un vero e proprio emblema della nostra lotta.

In Africa, poi, il problema dell’istruzione abbraccia anche il più scottante tema del ruolo della donna; in quelle regioni, infatti, solo apparentemente l’uomo soggioga la donna con violenze e soprusi. In realtà è lei a reggere le famiglie le comunità: per questo le donne devono andare a scuola, per raggiungere la consapevolezza del ruolo chiave che avranno nel processo di cambiamento dell’Africa. L’istruzione primaria è altrettanto importante, in quanto è a cinque, sei anni che il bambino comincia ad avere coscienza dei diritti che gli spettano, e l’Unicef si batte, insieme a Mandela con il progetto School for Africa, ma anche nel resto del mondo, affinché questo sia possibile per tutti.

In Italia, infine, il problema della dispersione scolastica è serio e preoccupante, soprattutto al Sud, dove 800.000 bambini vivono in povertà e non vanno a scuola, in un quadro sociale che presenta le stesse condizioni del periodo antecedente al secondo dopoguerra. Non bisogna abbassare la guardia.

Come combattete la povertà, che colpisce anche classi sociali fino a pochi anni fa considerate al sicuro?

L’Unicef in realtà concentra i propri sforzi sui più poveri tra i poveri, anche rispetto ai cosiddetti “nuovi poveri”, colpendo quelle sacche di povertà assoluta che privano le persone anche dei beni di prima necessità, del cibo. Un nostro rapporto pubblicato a fine maggio individua questa emergenza anche nei Paesi industrializzati.

Come si può contribuire ai vostri progetti, soprattutto ora, per dare un senso al Natale?

Anche qui, oltre alla ormai classica bambola Pigotta (per le vaccinazioni in Africa subsahariana e in Asia meridionale), abbiamo puntato sul 2.0, con la campagna “Se un cenone costasse 50 centesimi?”. Diamo la possibilità a chi aderisce di creare la propria lista della spesa per il cenone, indicando quanto devolvere alle nostre battaglie, per poi diffonderla tra gli amici, su facebook, su twitter…è stato rischioso associare l’idea del cenone alla piaga della malnutrizione, ma non è la prima volta che ricorriamo alla provocazione. Anche l’antipatico Babbo Natale del nostro video Regali per la vita è volutamente provocatorio, e per questo aspramente criticato, ma a quanto pare funziona. E poi secondo me ci va anche un po’ di coraggio.

Di coraggio, sensibilità e lungimiranza, Andrea ne ha di certo. Per questo grida sul web il dolore, lo sdegno, l’urgenza di agire per fermare le stragi di innocenti che si consumano quotidianamente nel mondo, in Iraq, Palestina, Afghanistan, Siria. Da febbraio tenta di accendere i riflettori sulla Siria. Qui circa 4000 bambini (secondo i dati dell’Osservatorio siriano sui diritti umani) vengono trucidati ogni giorno; tra i 105 caduti sotto i bombardamenti degli aerei governativi nei pressi di Homs, è imprecisato il numero di donne e bambini, colpevoli solo di starsene in fila per acquistare il pane. Se il 24 dicembre il tg della sera titola “Natale di sangue in Siria”, vine da chiedersi cos’avessero di diverso il 5 ottobre, il 20 luglio, il 4 aprile…Non potremo mai rimediare agli errori di chi non è intervenuto, nè a quelli di chi non ci ha informato a dovere, perchè nessuno ci potrà ridare indietro le vite perdute. Ma possiamo dare voce ai bambini invisibili grazie ad Unicef e ai suoi volontari.

Buon Natale.

A cura di Elena Rosazza Gianin

Nella foto in alto Andrea Iacomini e Daniele Urciuolo, President di The Freak

Link utili per donare:

DONA ORA

Babbo Natale ha un messaggio per te:

Andrea Iacomini – per i lettori di TheFreak.it – parla della Campagna “Vogliamo zero”:

Tag:africa, Andrea Iacomini, asia, bambini, cenone, daniele urciuolo, elena rosazza gianin, intervista, natale, sierra leone, siria, the freak, Unicef, Unicef italia, vertigo, Vogliamo Zero, Younicef


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :