The grandmaster

Creato il 02 ottobre 2013 da Jeanjacques

Finalmente nei cinema una pellicola orientale, fatta anche da uno dei miei registi preferiti: Wong Kar-wai, il cagariso che sa parlare di sentimenti e amori insoluti come nessun altro. Che stavolta, a diversi anni di distanza dall'insipido esordio stellestrisce se ne esce con un film fortemente sentito, nel quale ha investito molto tempo e denaro. Un qualcosa che quindi ci fa presagire quanto amore l'autore abbia inserito in quest'opera e di quanta passione quindi potremmo trovare all'interno del prodotto finito. Tutte cose che in certi casi posso far presagire a un capolavoro, ma che sono anche in grado di impedire di vedere la propria creazione con un minimo di obiettività. E qui bisogna fare una grande distinzione, e decidere su un regista debba fare film più per sé stesso oppure pensare anche un attimo al pubblico che dovrà sorbirsi le sue mattanze.
Si prende in analisi la storia di Yip Man, colui che diverrà il mentore (fra gli altri) di Bruce Lee. Si nota la guerra intestina fra le due scuole cinesi (quella del nord e quella del sud), di come il protagonista parteciperà a uno scontro per decidere quale avrà la predominanza sull'altra, e di come la Storia complicherà la vita di tutti. Verranno anche viste le vite della figlia del grande capo e anche quella di Rasoio, un criminale di guerra.

Sono stati fatti ben quattro film sulla mitica figura di Yip Man, dei quali gli ultimi due sono anche piuttosto recenti. Poteva essere cosa curiosa quindi il vedere come la poetica di Wong Kar-wai si distanziasse da quella più action di Wilson Yip, denotando ancora una volta come una diversa narrazione può cambiare in toto un intero progetto. L'autorone orientale quindi si sposa su lidi a lui prima estranei, e questo già in partenza ha aumentato a dismisura il rispetto che provo per questo cineasta, perché credo che un vero artista debba sempre cercare nuove ispirazioni e nuovi metodi di espressione. Qui invece ho dovuto constatare che si è barato un poco, perché per quanto ci siano le coreografie e i salti da vuxia, questo è un film di Wong Kar-wai al cento per cento. Guardacaso, alla fine tutto si concentrerà sulle emozioni dei personaggi, lasciando in secondo piano i combattimenti o l'analisi degli scontri, fino ad arrivare al classico amore impedito dai questioni più grandi ma che però viene covato per tutta un'esistenza. A questo giro sono molto curioso di analizzare bene la vita sentimentale del regista per capire cosa ha reso questa tematica così fondamentale per lui. Insomma, una sorta di in the mood for martial arts, ma non tutto fila liscio. Certo, lo stile visivo rasenta la perfezione e alcune trovate stilistiche potrebbero smerdare da sole tutto il periodo impressionista e neogotico, e la sequenza d'apertura è una delle cose più belle che mi sia mai capitato do vedere in vita mia, ma non basta questo a rendere un capolavoro un film che fa di tutto per esserlo. Proprio tutto l'entusiasmo del quale ho parlato nel primo paragrafo impedisce al regista di notare delle falle in uno script che non sa come coinvolgere e che, deficitato anche da una durata eccessiva, finisce per disperdersi in molte scene dalla bellezza disarmante ma dal valore narrativo molto vago. Perché proprio questa bellezza intrinseca e a tratti opprimente non fa volare il film, che non sa scegliere se essere una storia sentimentale o un racconto di formazione guerresco, facendolo perdere così in un'autorialità spudorata e fin troppo prepotente. Certo, il cinema non è solo pizza e fichi, ma ogni cosa va dosata nella giusta maniera. In questo The grandmaster si esagera col sale e con l'olio, si sbilanciano i sapori senza però inventare nessun piatto nuovo, solo un qualcosa di molto confuso e non dosato nella maniera corretta. Se non altro ci regala alcune delle sequenzaepiù belle viste negli ultimi anni, come lo stupendo prologo sotto la pioggia, segnato da una fotografia che sembra quasi in bianco e nero, e la battaglia nella stazione ferroviaria, con questo treno infinito ma che contribuisce alla creazione di alcune soluzioni visive davvero estasianti. Molto curato anche l'aspetto storico, che riesce ad essere comprensibile anche verso coloro che come il sottoscritto della storia della Cina sanno davvero poco. Ottimo invece l'attore protagonista Tony Leung, interprete feticcio del regista, che per sostenere la parte si dice si sia allenato per quattro ore al giorno per un anno - alla faccia di Christian Bale e dei suoi dimagrimenti! Sempre graziosa e versatile invece la bellissima Zhang Ziyi (che divide il set con l'altra superstar per la seconda volta dopo Hero), il cui viso potrebbe riscattare anche la più disastrosa delle pellicole.

Il termine della visione lascia un po' di amarezza per il volo che questa pellicola non ha saputo spiccare. Ma rimane sempre un film notevole, ma l'ambizione alle volte crea solo danni.Voto: