The Great American Novel: Robert Caro e Lyndon B. Johnson

Creato il 06 luglio 2013 da Sulromanzo
Autore: La RedazioneSab, 06/07/2013 - 11:30

Articolo di Stefano Trucco pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, Le tentazioni della cultura.

Il Grande Romanzo Americano, un’idea che poteva nascere solo in una cultura che si prende molto sul serio, quella degli Stati Uniti  imperiali. Il GRA dev’essere vasto e profondo e affollato, deve coprire quanta più realtà americana possibile, dev’essere epico per stile e per argomento, deve definire l’essenza americana incarnandola nel preciso momento storico, deve dire “ecco, noi siamo qui”. Per l’Ottocento, la discussione è chiusa: Moby Dick e Le avventure di Huckleberry Finn praticamente definiscono il concetto – magari con Foglie d’erba come bonus track.

Per il Novecento, invece, i candidati sono tanti e non c’è ancora un consenso assoluto: Il Grande Gatsby, Furore, L’uomo invisibile, Il giovane Holden, Faulkner, Dos Passos, Pynchon, Cormac McCarthy, David Foster Wallace. Persino il russo Nabokov con Lolita può andare. C’è pure un romanzo di Philip Roth del 1973 intitolato Il Grande Romanzo Americano – in effetti, il concetto si presta bene alla parodia.

Con tutto il rispetto per questi grandi, il vero GRA dei nostri giorni non è nemmeno un romanzo. Non è mai stato tradotto in italiano, per ottimi motivi. È lunghissimo e non è ancora finito: per il finale dovremo probabilmente aspettare una decina d’anni. Una Sagrada Familia letteraria. Ma soprattutto: chi ha voglia di leggere 3.250 pagine (escluse le note) di una biografia del 36° Presidente degli Stati Uniti, Lyndon Baines Johnson? Kennedy, Nixon, Reagan, d’accordo, tutti se li ricordano. Ma quella nullità di Johnson? Quale casa editrice italiana potrebbe assumersi un simile rischio?

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