Direi che le parole del malavitoso Chudnofsky definiscono alla perfezione la poca sostanza del "green hornet". Il calabrone verde è l'antieroe per eccellenza, uno straricco e annoiato editore che comincia a indossare i panni dell'azione non tanto per salvare l'umanità dai cattivi bensì per alimentare il suo ego, riempire le sue notti e possibilmente le prime pagine dei giornali.
Per Britt Reid (Seth Rogen) non è certo difficile: è lui il titolare della principale testata giornalistica di Los Angeles. Di notte compie le sue gesta epiche, di giorno se ne vanta davanti ai caporedattori. Ma senza l'aiuto del valido Kato (Jay Chou) non sarebbe nessuno e non saprebbe nemmeno prepararsi un caffè. Anche l'orientale Kato, come la redazione, fa parte dell'eredità che gli ha lasciato il padre: un gruzzolo di milioni, fama e servitù. Ma Kato non è come tutti gli altri dipendenti: lui è uno scienziato il cui tocco magico può trasformare una comune Chevrolet nera in una rivoluzionaria arma on the road. Una notte, mentre Kato e Britt Reid sono al cimitero per segare la testa alla statua commemorativa dell'appena deceduto Reid Senior, da criminali sono improvvisamente costretti a tramutarsi in difensori della legge, sventando un'aggressione di gruppo. La casualità farà loro spuntare quel pungiglione che poi inietterà l'azione lungo tutto il film, fino a far incrociare il loro destino con il pericoloso Chudnofsky (Christoph Waltz) e Scanlon (David Harbour), un procuratore distrettuale totalmente corrotto. Cameron Diaz è l'unica - e inutile - parentesi rosa nel ruolo di Lenore. una segretaria contesa e ignara che i suoi corteggiatori siano il notturno calabrone verde e l'aiutante.
L'inoculazione sarebbe perfetta se fosse meno scontata nel raccontare la vicenda e se il 3D non venisse abusato in inverosimili scene d'azione, come ormai accade sempre più di frequente. E se la trama è fin troppo lineare, il set è una totale confusione fatta di esplosioni, vetri frantumati, scazzottate e capriole carpiate. Più che di un plot, trattasi di un melting pot vista la bravura con cui Michel Godry riesce a mescolare sentimentalismo, azione e commedia. Ma c'è anche una irresistibile comicità che rende godibili i dialoghi salvandoli dalla banalità che, di solito, rappresenta quella puntura mortale che uccide molte pellicole.
The Green Hornet ronza ma non infastidisce. Direi anzi che il pizzicotto del calabrone è piacevole soprattutto per la sua simpatia, ma non resta memorabile.