di: Bong Joon-ho
con: Byeon Hie-bong, Song Kang-ho, Park Hae-il, Bae Doona.
- S. Kor/Jap 2006 -
120'
S'apre più o meno così, su una frattura a spezzare un tipico simil idillio familiare moltiplicato "n" volte, "The host", terza fatica di Bong Joon-ho (bel successo in patria e in diversi Festival in giro per il mondo. Da un po', ramingo nei palinsesti televisivi), dopo l'interessante esordio "Barking dogs never bite" (2000) e la lusinghiera risonanza ottenuta da "Memories of murder" (2003). Lo spunto fantascientifico-ecologico - il super mostro e' una sorta di creatura lovecraftiana partorita dal combinato disposto incestuoso tra scienza demente e sciatta (un'azienda si disfa di panciuti bottiglioni di formaldeide disperdendoli negli scarichi pubblici) e Natura che, giunta ben oltre il limite di sopportazione, reagisce da par suo - consente al cineasta coreano di allestire una (sontuosa) produzione con numerosi e rocamboleschi interludi spettacolari (basterebbe la prima apparizione dell'ibrido/xenomorfo per fare un sol boccone di buona parte del routinario carrozzone dell'intrattenimento hollywoodiano) e, al tempo, sviluppare e approfondire quella sua peculiare vena in costante e tutt'altro che scontato equilibrio tra insolito e ordinario; malinconia e sarcasmo con punte di puro grottesco; rallentamenti lirici e "incoerenti" aperture alla rivendicazione sociale, al rimbrotto, alla notazione polemica in apparenza fuori sesto, al malanimo personale e alla nostalgia, così come ad un sofferto e "disarmonico" slancio verso l'altro: tutto intessuto e restituito dalla parte dei cosiddetti "ultimi", a dire dei genericamente disadattati e buoni a nulla - dipsomani, teneri "underdogs" introversi,
Intriso di una sua impalpabile quanto febbrile follia interna, proteso verso la composizione ma mai consolatorio, disseminato di grumi di una poesia surreale dai toni semi fiabeschi e dai colori e le pose vicini a Chagall - estro, questo, non lamentoso o ricattatorio,
TFK