The Hours

Creato il 28 maggio 2015 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1
  No, non sto recensendo The Hours perché passo gran parte delle mie mattine chiusa in casa a scrivere, e sogno di vedere pubblicato il mio racconto. Giuro!Non ho visto The Hours per immedesimarmi in lei, Virginia Woolf. No.Non l'ho visto per piangere e sprofondare nell'acqua più torbida, tantomeno l'ho fatto per dimenticare come si respira per bel oltre 100'. E ci scommetto che sia capitato anche a voi, almeno una volta, anzi cento o infinite altre. Perché ci sono storie destinate a manifestarsi in momenti ben precisi della nostra vita, oppure semplicemente, ci sono storie che aspettano te. Che tu le guardi, senza necessariamente giudicare, fare critica. Che tu le guardi e basta. Che tu possa ricordarti della bellezza devastante della poesia, dell'arte e della vita stessa.Che tu possa vivere la vita di una donna a te completamente estranea nell'arco di un giorno, e viverla per davvero. Fino a sentire il bisogno di scavare a fondo, ancora di più, con fare spietato verso te stessa, fino a capirti, tra amore e odio, in un susseguirsi di stati d'animo contrastanti, assurdi.    E in quel girone infernale tu ti perdi per poi ritrovarti.A volte mi chiedo che senso ha la critica, se questa è condannata a girovagare tra le righe standard che parlano di scelte registiche, e degli attori, dei costumi, di una fotografia imponente. Sì per carità, elementi fondamentali, che alla fine riempiono una pagina e soddisfano le esigenze di un SEO fatto "a mestiere". Ma non mi va di dire che gli attori e le attrici, soprattutto, basterebbero da soli/e a fare un film. Perché mentirei, a me stessa ancor prima che a voi. The Hours è un film che merita molto di più della critica, di una recensione, di tre, quattro o cinque stellette. Perché The Hours è il passo più estremo che ti porta a compiere il cinema, così come la letteratura. Quello verso te stesso/a.Al contrario di quanto molti sostengano, Pino Farinotti in primis, non è vero che qui si parla di un male "riferito a una nicchia umana di cultura esclusiva e aristocratica", non è vero che i comuni mortali non comprendono il male radicato nell'anima di queste donne. Sarà vero per chi - come il Farinotti - è poco avvezzo al male di vivere e non ha la più pallida idea di cosa significhi combattere contro sé stessi.   Per capirlo basta sentirsi inadeguati la mattina appena svegli, formulare pensieri inverosimili e sentire il bisogno di trascriverli, magari ovattati e abbelliti con l'ausilio dell'immaginazione. A volte amica, altre più ostile da arrivare a detestarla. Basta guardare la vita e non capirla. Basta guardarsi allo specchio e non conoscersi più.Basta salire in macchina con un piano folle che ti porti lontano, e poi tornare indietro.Basta piangere senza motivo.Basta sentirsi indegni e incapaci, insoddisfatti e un attimo dopo felici, come pazzi.Basta guardare e stare zitti, trattenendo il fiato.E poi tornare su, silenziosi e stravolti, poco più innamorati o delusi, della nostra esistenza. Perché io volevo fare lo scrittore, io volevo scrivere di tutto, di tutto ciò che può accadere in un momento, di come erano i fiori mentre li portavi tra le braccia, di questo asciugamano, del suo odore, della sensazione che dà la sua trama, di tutte le nostre sensazioni, le tue e le mie, della nostra storia, di chi eravamo una volta, di tutte le cose del mondo, tutto mescolato insieme, come tutto è mescolato adesso... (Richard) *Di come erano i fiori mentre li portavi tra le braccia...è qui che l'arte vince contro la critica, ma ancora molti non lo sanno!

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