Esistono vicende talmente folli da sembrare inventate. The Imposter (2012) è una di queste e si rivela un brillante doc/non doc.
Nel 1994 Nicholas Barclay scompare misteriosamente. Tre anni dopo ricompare a Linares in Spagna. È cambiato molto, ha ancora i capelli biondi, ma parla con uno strano accento francese e i tatuaggi sul suo corpo hanno cambiato posizione.
La voce narrante rimbomba sullo schermo cinematografico. È la voce di Frédéric Bourdin e racconta, dal suo punto di vista, una storia incredibile, che prevede scambi d’identità e ipotetici omicidi, FBI e famiglie disperate. Tutto ciò è The Imposter, documentario osannato e pluri-premiato in diversi festival cinematografici. Una pellicola nella quale il regista Bart Layton si mette dietro la macchina da presa e inizia a riportare interviste, dichiarazioni e materiale di repertorio sulla scomparsa (e ricomparsa) di Nicholas Barclay nel 1994. E in rassegna passano davanti all’obiettivo la famiglia Barclay, agenti dell’FBI e un investigatore privato. Ma soprattutto chi si presenta al pubblico è Frédéric Bourdin, impostore seriale, che ha convinto la famiglia Barclay di essere il loro figlio scomparso tre anni prima. La storia ha dell’incredibile, ma si palesa verosimile nelle parole di Bourdin, arrogante, indisponente e insensibile protagonista della vicenda.
Ma ciò che funziona di The Imposter è la scelta del regista Layton di rievocare (con riprese in live action) alcuni fatti salienti della storia. Questo continuo e altalenante rimbalzo dalle interviste ai fatti, riproposti sullo schermo, infonde alla pellicola scorrevolezza e godibilità, che, diversamente, un’infinita sequela di dichiarazioni degli interessati avrebbe reso decisamente più statica. Layton immerge lo spettatore all’interno della pellicola, lo rende partecipe e gli fa comprendere completamente il perché di alcuni gesti (fatti dalla famiglia e dall’imbroglione Bourdin), che attraversano stati d’animo e speranza, fede e stupore. Perché se da una parte vediamo la malata e psicotica necessità di Bourdin di afferrare seconde possibilità (e vivere altre vita), dall’altra si può capire l’errore di una famiglia, che sente il bisogno di riabbracciare un figlio. Inoltre Layton, costruendo la pellicola in “levare” e passando (fluentemente) da un livello filmico a un altro, infonde il seme del dubbio, dell’ambiguità e dello sconcerto.
Inoltre anche se la pellicola mostra il fianco a possibili fraintendimenti, non è corretto etichettare The Imposter come un apologo dell’impostore, ovvero colui che colpisce nel punto più doloroso (gli affetti) e che volontariamente non è interessato alle conseguenze. Insomma The Imposter è il documentario che non ti aspetti e che possiede diversi linguaggi cinematografici, tutti facilmente riconoscibili. Un calderone di scoppiettanti idee, che è in grado di intrattenere con le immagini, con il ritmo, con i ricordi e con la vorace smania di completare il puzzle smembrato in mille pezzi da Layton.
Uscita al cinema: 20 marzo 2014
Voto: ***1/2