The Iron Lady, per altro, è l'altra faccia della medaglia rispetto a molte pellicole per almeno due motivi: intanto è un film tutto al femminile. che ripropone un magnifico duetto tra una protagonista, Meryl Streep, qui davvero inarrivabile, e la regia di Phyllida Lloyd, com'era accaduto nel 2008 con Mamma Mia!. Ma lo spettatore che si aspettasse un film musicale e leggero, o comunque disinvolto, rimarrebbe colpito dall'intensità e dalla forza di questo ritratto di una donna così influente e odiata. Qui sta appunto il secondo aspetto per cui The Iron Lady è un interessante e salutare rovescio della medaglia. Abituato come sono a film come Grazie, signora Thatcher (Brassed off, 1996) di Mark Herman o The Full Monty (1997) di Peter Cattaneo, qui la telecamera è puntata proprio su colei che è stata la causa di tutto.
Se come statista, per quello che la distanza di tempo e di spazio mi consente di dirne, non posso che rimanere fermissimo sul mio rifiuto di certe scelte politiche, riconosco che lo sguardo di Phyllida Lloyd restituisce a Margaret Thatcher una prospettiva nuova e a tratti commovente. Non è la donna Thatcher a essere in primo piano, ma la persona, e senza nessuno sconto per le sue particolari idiosincrasie, per il suo carattere difficile, per la sua insofferenza a ogni freno o a ogni contrarietà, per la sua ambizione a tratti esacerbante. Il ritratto, pieno in ogni caso di ogni cura e di rispetto, non è perciò una beatificazione. Certo, la visione di questa vecchia malata, in preda all'orgoglio e alle allucinazioni, alla presenza beffarda di un marito (Jim Broadbent) che sempre le ricorda le punte di spietata inaffettività, tutto ciò fa male e crea empatia umana per via della sofferenza. D'altra parte, la carriera della statista conservatrice, la sua personalità e la sua audacia, inframmezzate alla storia della donna ormai lontana dalle scene, contribuiscono ad approfondire la figura della Thatcher, a definirne il carattere o, per lo meno, la maschera.
The Iron Lady è un film davvero bello, a tratti di una tristezza inimmaginabile: non tanto nelle cose che racconta, quanto nelle inquadrature, nel taglio di alcune scene, in una fotografia ricercata nei suoi filtri e nella sua oculata messa a fuoco. Sotto un trucco che solo in rari casi deve cedere le armi ai primi piani, Meryl Streep raggiunge qui un vero capolavoro di profondità e di cesellatura nelle singole scene (che le sono valse l'Oscar come migliore attrice protagonista), abbandonandosi a una recitazione superba. D'altra parte, il personaggio di Margaret Thatcher (condiviso con la giovane Alexandra Roach), nonostante qualcosa di irrisolto nelle sue due "anime" (o forse proprio per questo mistero), rimane in effetti una "creatura" della regista Phyllida Lloyd. Da questo punto di vista (e - ripeto - per le scelte di inquadrature drammatiche e ricercatissime), anche sospendendo il giudizio storico, The Iron Lady è senz'altro un film d'autore che, oltre a provocare emozioni, suscita tutto il più sincero rispetto.