The Kid e il Grande Dittatore (a proposito di Charlie Chaplin)

Da Lara
"Solo i bambini possono essere felici, e oltretutto, non per molto" dice l'eroina di Gor'kij, la saggia Vassa Zeleznova. Non per molto, perché il severo "E' proibito" degli educatori e delle regole di comportamento future, inizia a segnare con la sua impronta negativa i desideri sfrenati della prima infanzia.
Chi non saprà sottomettersi abbastanza presto a queste costrizioni e non saprà metterle al proprio servizio: chi, diventato adulto, continuerà a rimanere bambino, si troverà sempre e ovunque in una situazione ridicola, provocando riso e sarcasmo.
.....
Il dramma del "piccolo uomo" nelle condizioni di vita della società contemporanea. Quale che sia la lettura che lo stesso Chaplin fa del suo proprio finale, è chiaro che, per il "piccolo uomo" nella società contemporanea, non c'è nessun posto in cui andare. Così come è impossibile per il bambino rimanere indefinitamente tale.
Mentre i tempi nuovi del fascismo vengono a sostituire i Tempi moderni di Chaplin, si constata nell'opera di quest'ultimo un notevole mutamento. Ed è evidentemente proprio lui, Chaplin, che doveva creare il Dittatore. Egli non poteva non immortalare questa figura delirante che si era messa alla testa di uno Stato cieco e di un paese che aveva perduto la testa.
Prima Chaplin recitava sempre il ruolo di coloro che soffrono; interpretava solo il barbiere del ghetto, che è il suo secondo ruolo nel Grande Dittatore. Qui, interpreta entrambi i ruoli. Sono i due poli estremi dell'infantilismo: il vincitore e il vinto. ... In questo film, Chaplin parla per la prima volta con la sua vera voce. Perché per la prima volta, non è lui a dipendere dal suo metodo e dal suo sguardo, sono il metodo e la volontà di essere testimone a carico a trovarsi tra le sue mani di adulto.
E questo perché qui, risuona per la prima volta fino in fondo, distintamente, la voce del coraggio, la voce intelligibile di un cittadino non solo adulto, ma di un Grande Uomo, con la maiuscola.
In una intervista su Tempi moderni, Chaplin aveva detto:
"Molte persone vi hanno visto della propaganda, ma io ho voluto solo volgere al ridicolo una follia collettiva della quale soffriamo tutti. Se avessi cercato di dire al pubblico ciò che andrebbe fatto in questo contesto, dubito fortemente che ci sarei riuscito in modo divertente nell'ambito di un film comico. Avrei dovuto farlo seriamente, dall'alto di una tribuna da oratore" Ebbene, il film Il grande dittatore diventa, alla fine, una tribuna.
Nei raduni antifascisti, l'autore prende la parola, diventa un tribuno che si appella all'unica cosa che l'umanità deve fare, la cosa fondamentale: annientare il fascismo. .... Davanti alla selva dei microfoni, davanti a una folla di gente, il piccolo barbiere pronuncia il suo discorso, tutta la sua timidezza è scomparsa. Ha superato la paura e l'irresolutezza: attraverso il microfono, non è già più la sua voce che prende il volo.
In quel momento, con la sua voce, è la massa dei popoli oppressi ad esprimersi, quale sia il luogo nel quale essi si trovino a soffrire sotto il disumano gioco fascista.
(Sergej M. Eizenstein - Charlie Chaplin - 2005 SE Srl)

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