The Leadcrow - Finire a terra (IV parte)

Da Lerigo Onofrio Ligure @LerigoOLigure
Quando l’auto si fermò gli occorse un istante di troppo per alzarsi dal sedile e uscire in strada. L’aria all’esterno gli invase i polmoni come mille aghi di ghiaccio, obbligandolo a coprirsi il volto per evitare un’altra folata di vento.
Sapeva che dopo mesi lontano da casa il suo corpo non sarebbe stato abituato alle intemperie e agli sbalzi di temperatura, ma apprezzava il fatto di poter di nuovo sentire quegli odori in strada, il rumore di fondo della città che aveva incominciato a considerare casa e persino mentre il tassista si lamentava del traffico e delle strade piene di neve, CJ si rese conto che non c’era miglior luogo in tutta la Terra.
Si guardò intorno, i palazzi che aveva imparato a conoscere si stagliavano come monoliti di vetro e acciaio, affollando la vista, come centinaia di denti pronti ad azzannare un cielo azzurro come CJ non riusciva più a ricordarlo.
Rabbrividì e lasciò vagare lo sguardo sul marciapiede, le sue valigie erano state sistemate in modo ordinato e il tassista aspettava la mancia. Pagò più del necessario e rimase a fissare l’auto allontanarsi come se non avesse mai visto un taxi.
Quando il freddo ebbe la meglio sulla sua voglia di stare all’aperto, CJ afferrò la valigia e si diresse verso l’ingresso del palazzo dove abitava, passò la porta e subito gli tornò in mente la prima volta che aveva varcato quella soglia, cercando un appartamento diverso dalla stanza da studente che aveva abitato prima di iniziare il lavoro in Atlantis.
– Buongiorno signor Jennings, bentornato! – lo accolse l’uomo alla portineria – Come è andato il viaggio? –
– Buongiorno, Richard. Molto noioso e soprattutto scomodo! Non vedo l’ora di farmi una bella dormita come si deve! – in realtà CJ aveva dormito fin troppo, anche se non c’erano stati sogni di navi spaziali e fricchettoni con innesti cibernetici ad aspettarlo.
– Beh, potrà farlo! La signorina Ivory è uscita un paio d’ore fa. Ha l’appartamento tutto per se. –
CJ si sorprese, anche se non aveva potuto parlare direttamente con Ariane, le aveva mandato un messaggio più o meno intimo dicendole che sarebbe tornato e che avrebbe voluto parlarle per mettere fine una volta per tutte ai dubbi che stavano strangolando la loro relazione. Era intenzionato a rimettere le cose a posto, dimenticando tutto ciò che era successo su Comet Station.
Entrò nell’appartamento e lasciò cadere la valigia con un tonfo, il silenzio lo tranquillizzò e fu grato di poter rimandare il confronto con Ariane. Non si sentiva in grado di fronteggiare lo sguardo della donna mentre parlava di come era finito il rapporto lavorativo tra lui e Rafy Delacroix.
Sospirò nel comprendere che gli risultava del tutto naturale chiamarla con il vezzeggiativo che lei stessa si era affibbiata e che non gli importava se c’era qualche legame tra la donna e il Commodoro del sogno.
Vagò per la casa trovandola più grande di quanto ricordasse, quasi aliena, dopo tutti i mesi passati dentro una stazione più piccola del quartiere dove abitava. Cercò di non pensare che da qualche parte della sua mente c’era ancora il ricordo dell’odore di Delacroix, ma soprattutto cercò di non pensare a come l’avrebbe presa Ariane se mai l’avesse saputo. Hai bisogno che ti stia vicino, ora più che mai senti che la tua vita non ti appartiene più e Ariane è l’unica che riesce a frenare quei dannati sogni!
Per due volte fu tentato di alzare il telefono e chiamarla, ma non avrebbe potuto dirle nulla senza compromettere la loro relazione. Afflitto si lasciò cadere sul letto, portando le mani sul volto.
Per una volta avrebbe accolto volentieri l’oblio dei sogni e la Magpie. Anche se i problemi del Capitano Jennings erano più pressanti dei suoi, nessuno avrebbe potuto costringerla: la donna del suo sogno non sembrava afflitta dai sogni e dalla sua condizione, anzi sembrava diventare più determinata ogni volta che le si presentava una difficoltà.
Rimase per un tempo indefinito con le mani premute sugli occhi, nel tentativo di sfuggire quella realtà e l’inevitabile confronto con Ariane, ma non successe nulla: la sua mente gli aveva giocato l’ennesimo scherzo, obbligandolo a confrontarsi con i suoi problemi una volta per tutte.
Sconfitto, si alzò dal letto.
Aveva lo stomaco sottosopra e la gola secca. Il peso della gravità si fece sentire tutto insieme, obbligandolo ad appoggiarsi a una parete per non cadere. Maledetta gravità, ti servirà un mese per riprenderti, se non di più!
Ogni suo pensiero venne interrotto dal suono del campanello.
Pensò che fosse la sua immaginazione, ma quando suonarono di nuovo CJ si ritrovò a sudare freddo, gli occhi sbarrati e il respiro mozzo. Cominciò a pensare a cosa avrebbe detto ad Ariane a come difendersi dalla rabbia della donna che amava, ma per tutto il viaggio da Comet Station alla Terra si era fatto innumerevoli discorsi, ma non era mai arrivato a ritenersi soddisfatto.
Aprì la porta tremando.
– Era ora, pensavo che non ci fossi! – esordì Rafy Delacroix, con un sorriso beffardo sul volto.
CJ rimase a fissarla imbambolato, non riusciva a credere ai suoi occhi e per un istante la sua ragione vacillò, obbligandolo ad appoggiarsi al montante della porta per non cadere. Ci mise un attimo di troppo a capire che quella donna era lì per un motivo che esulava ciò che era successo loro nella sala riunioni.
– Posso entrare? –
– Come hai fatto a v… –
– Starling. – spiegò – Quando certi ricconi si mettono in testa un giocattolo nuovo è difficile dissuaderli! –
– Non ti ho vista sulla navetta. – fece notare CJ, diffidente. Da quando si erano incontrati la prima volta, CJ era sempre stato diffidente, anche se lavorare a stretto contatto aveva creato un certo affiatamento. Dopo ciò che era successo e dopo il suo ritorno sulla Terra, CJ non si sarebbe mai aspettato di vedersela di nuovo davanti.
– Mi ha spedita a Vancouver con un trasporto veloce. Raggiungere la vostra navetta è stato un vero inferno, se vuoi saperlo! –
C’erano un’infinità di domande che si affollavano nella testa di CJ e per un attimo pensò di essere impazzito del tutto, poi comprese che la donna si riferiva al distacco che aveva dovuto colmare – Io… –
– Rilassati CJ, sono qui solo per lavoro. –
Rimasero a fissarsi per un lungo istante, CJ cercò di capire se l’attrazione che avevano provato l’uno per l’altra fosse ancora lì, ma non successe nulla. Rimasero a fissarsi come degli sconosciuti che avevano in comune solo l’aver lavorato sullo stesso progetto per alcuni mesi.
CJ pensò anche di cacciarla e l’avrebbe fatto, se non si fosse sentito così terribilmente confuso.
– Allora mi fai entrare, oppure devo parlarti qui fuori? –
Sorpreso CJ si ritrasse, si sentì obbligato a farla entrare, anche se una voce nella sua testa gli gridava di non farlo per nessuna ragione.

Ogni sogno ha il suo incubo peggiore!