The Legend of Legacy - Recensione

Creato il 26 febbraio 2016 da Lightman

The Legend of Legacy è un JRPG atipico, un titolo che ricorda Bravely Default ma che in realtà offre un approccio molto diverso, grazie ad una struttura più aperta e alla mancanza di quest di stampo classico.

Versione analizzata: Nintendo 3DS

Matteo Mangoni è un grande amante della tecnologia e, soprattutto, del medium videoludico. Programmatore di giorno e gamer incallito di notte (o viceversa), ha avuto fra le mani la sua prima console all'età di 6 anni, e da allora per lui niente è più stato lo stesso. Soprattutto le bollette della luce. Lo trovate su Facebook e Twitter.

Legend of Legacy è un prodotto davvero inusuale, misterioso tanto quanto la temibile isola di Avalon che fa da sfondo alla vicende del gioco. Ci eravamo addentrati nelle sue terre aspettandoci qualcosa di profondamente diverso, maggiormente in linea con il resto dei congeneri. La verità è che la bizzarra opera di FuRyu (studio in cui sono confluite diverse personalità di spicco del settore, che in passato hanno lavorato a serie del calibro di SaGa, Secret of Mana e chi più ne ha più ne metta) si è rivelata composta da un mix piuttosto stravagante di elementi, molti dei quali non particolarmente affini ai gusti del popolo occidentale, neanche di quello cresciuto a pane e Final Fantasy VII. Dal gioco di ruolo nipponico vecchio stampo, Legend of Legacy prende in prestito il combattimento a turni, e lo fa con grande successo, ma finisce poi per stravolgere completamente il resto dell'impianto ludico e della progressione tipici del genere. Proprio l'incedere peculiare dell'avventura si è rivelato uno dei gli elementi più destabilizzanti della produzione: ci siamo trovati a girovagare per un mondo di gioco curato e ben realizzato, ma lo abbiamo fatto privi di una guida solida e di una struttura narrativa degna di questo nome. Il risultato, insomma, non è dei più incoraggianti per i novizi o per chi non ha voglia di tuffarsi in sessioni piuttosto estese di grinding, costellate da innumerevoli fallimenti e -molto probabilmente- da un pizzico di frustrazione di troppo.

Benvenuti nel continente di Avalon

Uno degli aspetti più critici di Legend of Legacy è identificabile proprio con la mancanza di un impianto narrativo tradizionale, che si riflette anche nella generale piattezza dei personaggi. Inizialmente potremo scegliere il nostro protagonista principale tra ben sette eroi diversi, ciascuno con le proprie peculiarità e abilità speciali. Ovviamente non dovremo affrontare l'intera avventura da soli: il gioco ci metterà a disposizione altri due dei sette combattenti (assegnati automaticamente) che serviranno a completare il nostro party iniziale. Nonostante ciascuno dei sette "aspiranti protagonisti" abbia le proprie motivazioni per trovarsi in quel di Avalon, soltanto quelle del nostro eroe principale verranno però approfondite tramite tra le sparute righe di testo che accompagneranno la nostra avventura. Probabilmente si tratta di una scelta voluta, con il preciso scopo di aumentare il replay value "costringendo" l'utente a ricominciare l'avventura con più di un eroe, ma in un gioco quasi completamente basato sul grinding dubitiamo che qualcuno abbia davvero voglia di farlo. Da un punto di vista prettamente ruolistico, il gioco ce la mette davvero tutta per risultare appetibile al suo target di riferimento, assimilando alcune caratteristiche dei dungeon crawler che da qualche anno spopolano su suolo nipponico. Sulle prime l'impianto ruolistico di sottofondo sembra indovinato, gettando il giocatore in un intreccio di statistiche interessante e mai soverchiante. Purtroppo però la crescita dei personaggi non è molto funzionale, soprattutto per via dell'estrema casualità con cui questa viene gestita. Legend of Legacy non ha un sistema di leveling classico, ma uno completamente randomico: utilizzando svariate volte una certa tecnica, a un certo punto quello specifico attacco potrà improvvisamente salire di livello, mentre di tanto in tanto ci capiterà di assistere ad un aumento degli HP massimi, delle statistiche di difesa o della forza di questo o quell'altro personaggio. Il problema, come dicevamo poc'anzi, è che nessuno di questi miglioramenti è giustificabile, tracciabile o prevedibile. Accade tutto "per caso", senza darci alcuna possibilità di controllo. Un altro problema è rappresentato dall'assenza di un sistema per far crescere di livello i personaggi inutilizzati: se per caso dovessimo desiderare di cambiare alcuni dei membri del party, l'unica via percorribile sarà quella di passare diverse ore di grinding estremo nelle zone iniziali, e potenziarli ripartendo da zero. Il vero punto di forza del gioco è rappresentato invece dal sistema di combattimento, semplice ma efficace. Si tratta di un classico combat system a turni, che mette fortunatamente da parte gli incontri casuali in favore di un sistema leggermente meno frustrante: per cominciare la battaglia sarà necessario che un mostro, ben visibile sulla mappa, entri in contatto con il nostro personaggio.

Una volta avviato lo scontro, ci ritroveremo di fronte ad un meccanismo che ricorda molto da vicino quello dei primi Final Fantasy, con in più alcune chicche inedite, tra cui la possibilità di scegliere, prima di ogni turno, tra un elenco di formazioni (ce ne sono alcune preimpostate, ma è possibile anche crearne di nuove). Potremo scegliere una formazione più difensiva o più spregiudicata, andando di fatto a modificare visibilmente il posizionamento dei personaggi sul campo di battaglia. Scelta curiosa, ma tutto sommato apprezzabile, si è rivelata invece quella di non "salvare" lo stato di salute dei singoli personaggi dopo ciascuna battaglia: alla fine di ogni combattimento i nostri HP saranno completamente ripristinati, a patto che uno dei nostri personaggi non sia stato ucciso. Se ciò dovesse accadere, i suoi punti vita massimi verranno ridotti in modo permanente fino a quando non ci riposeremo una notte alla locanda in città. Restando in tema di "morte", non possiamo non citare anche l'ultima vera grande novità del gioco: per resuscitare un combattente basterà usare un qualunque incantesimo o oggetto di cura su di esso. Questi aspetti rendono il titolo di FuRyu più accessibile rispetto ai colleghi della serie Etrian Odyssey, ma hanno anche l'effetto collaterale di banalizzare un po' l'impianto strategico della produzione, che finisce quindi per concentrarsi solo sull'esplorazione su di un grinding davvero spietato.

Mappe fai da te

L'esplorazione, si diceva, è uno degli aspetti centrali dell'avanzamento. Vagare per nuove zone sarà uno dei metodi migliori per accumulare un po' di denaro e procurarci equipaggiamento progressivamente migliore. In queste fasi il gameplay ruota prevalentemente attorno alla mappatura delle inesplorate aree: ad ogni nostro passo la cartina -sempre visibile sullo schermo inferiore della console e inizialmente completamente vuota- verrà riempita automaticamente con informazioni sul layout del territorio e su eventuali punti d'interesse in esso presenti. La percentuale di completamento sarà sempre in bella vista nell'angolo in alto a destra del touch screen, e un messaggio ci informerà non appena avremo esplorato completamente la zona.

Buona parte del nostro tempo lo passeremo proprio così, passeggiando allegramente in zone sempre più ostiche, nel tentativo di "mappare" quante più aree possibili e vendere poi il frutto dei nostri sforzi ad un apposito "mercante di mappe" presente in città. Più alta sarà la percentuale di completamento dell'area e più guadagneremo dalla sua vendita. Vi consigliamo di evitare di vendere cartine incomplete, però, dato che potrete vendere la mappa di ciascuna zona soltanto una volta. Questo sistema si integra perfettamente nell'universo di gioco: nel mondo che fa da sfondo alla nostra avventura, le terre di Avalon sono viste come temutissimi luoghi misteriosi e inesplorati. Il problema è che questa attività tende a farsi molto ripetitiva, e non risulta divertente e appagante come speravamo.E come se non bastasse, di tanto in tanto ci è capitato anche di restare bloccati a pochi punti percentuali dal completamento di una cartina semplicemente perché eravamo passati leggermente troppo distanti dal margine esterno della mappa. Nelle aree iniziali questo non è un grosso problema, ma chiaramente tenderà a diventare sempre più fastidioso proseguendo nel gioco, costringendoci a tornare indietro alla ricerca dei dettagli inavvertitamente mancati, facendoci ovviamente incontrare cospicue quantità di nemici. Nulla da eccepire invece per quanto riguarda il comparto tecnico, assolutamente di prim'ordine se teniamo conto delle notevoli limitazioni hardware della piccola console portatile di casa Nintendo. Lo stile sembra rifarsi -senza neanche provare a nasconderlo troppo- a quello che abbiamo potuto ammirare nell'ottimo Bravely Default. Una somiglianza che parte dal character design e raggiunge il suo apice nella ricostruzione della città principale del gioco, che sembra davvero uscita direttamente dal gioco di Square-Enix.

A Legend of Legacy non mancano comunque degli spunti originali: ad esempio, abbiamo trovato semplicemente adorabile il modo in cui gli elementi del mondo circostante appaiono di fronte al giocatore non appena ci avviciniamo ad essi, quasi come se stessero "rimbalzando" fuori dal terreno. Un'idea doppiamente geniale, perché se dal punto di vista grafico la soluzione adottata dal team di sviluppo è gradevolissima, da quello pratico gli consente di aggirare con eleganza alcuni limiti hardware del povero 3DS, regalando al giocatore un titolo bello da vedere ed estremamente fluido.

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