”The Lego movie”
di: P.Lord e C.Miller
- animazione -
- USA 2014 - 100 min
Proprio questa sottile eppure tenacissima inerzia indirizzata al continuo cambiamento, alla necessita' di guardarsi nel profondo al fine d'incoraggiare l'espressività personale ad emergere, rappresenta una delle chiavi privilegiate - nonché uno dei fondamenti dell'attitudine-americana-alla-vita (i registi e sceneggiatori Lord e Miller, quelli del primo "Piovono polpette", assieme alla Warner, covavano il progetto da un lustro abbondante) - per accedere allo spirito autentico di un film come "The Lego movie".
Se l'immagine del "mondo" calibrato ad uso e consumo delle ossessioni di ordine e perfezione del "cattivo" Mr. Business - e, per taluni aspetti, più ancora di quello, derivativo del primo, incardinato su binari in superficie tanto spensierati quanto appena poco al di sotto inesorabili, che circoscrivono nella città-Lego di Bricksburg lo spazio vitale del protagonista Emmet Brickowski (operaio in un cantiere di costruzioni - cos'altro, senno' ? - super "uomo qualunque", soggetto contento-di-essere-massa, gioviale e ingenuo, mite esecutore di ordini e istruzioni, tutt'uno col suo appartamento/modulo abitativo per single, i suoi "martedì di svago a base di Taco", il suo show preferito in cui si ripete un'unica gag, sempre la stessa) - rimanda, da un lato, alle funeste (pre)visioni distopiche che tanta letteratura ci ha messo a disposizione da Orwell, passando per Ballard e la narrativa sintonizzata sul "futuribile", e, dall'altro, alle luccicanti costrizioni delle nostre vite contemporanee, fatte spesso anche di bramosie atone come riflessi condizionati quand'anche di squallide pseudo-soddisfazioni: in generale, di una omologazione desiderata, inseguita e ottenuta con una sorta di febbrile e laida ferocia; la rappresentazione che il film ne offre, invece, dosa in una mescolanza quasi sempre bene amalgamata la padronanza delle tecniche (come detto da più parti, "The Lego movie" e' un'opera digitale che sembra 'a passo uno'), la già accennata sofisticatezza dei richiami ma sopra ogni altra cosa il brio dispettoso e anti-consolatorio che tra leggerezza e arguzia fa davvero polpette di tutta una serie di stereotipi oramai interiorizzati dalla mentalità comune: dal mito dell'efficienza, alla cupidigia come valore; dalla mania del controllo, alla smania nevrotica di detenere il potere e di disporne.
La capacita' di rilanciare trovata su trovata, riflessione su riflessione, per di più, oltre a giovare al ritmo, tiene il film-di-Lego sul filo instabile della sorpresa e della rivelazione in un articolato equilibrio all'interno del quale riesce a trovar posto senza essere troppo invadente pure la miriade di citazioni più o meno esplicite che centrifuga qualche decennio di cinema fantastico
TFK