The Lincoln Lawyer

Creato il 14 maggio 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1


Di questo regista, Brad Furman, so veramente poco, anzi nulla. La sola cosa che oggi posso dire è quella di aver visto una buona trasposizione del romanzo omonimo firmato Micheal Connelly. The Lincoln Lawyer (Avvocato di difesa) è infatti un apprezzabile thriller a sfondo giudiziario, proprio perché si muove con occhio vigile e sferzante, sulle pratiche circolanti in aula. 
Protagonista è questo affascinante avvocato difensore, Matthew McConaughey, che attraversa Los Angeles su di una Lincoln targata "NTGUILTY" (non colpevole), con tanto di autista personale al volante. Mickey Haller/McConaughey si presenta fin da subito come quel tipo di avvocato un po' sopra le righe, uno che pur di vincere una causa è capace di sporcarsi le mani, o meglio, delegare vecchi amici di strada per farlo, e poi ricambiare il favore con qualche piccola o grande causa da vincere a tutti i costi. Haller, ex marito della bella Marisa Tomei con la quale ha una figlia (questa procuratore distrettuale, esatto contrario dell'uomo che ha deciso di mollare probabilmente proprio per questo abisso nella maniera di intendere la professione), si troverà di fronte un altro presunto innocente/colpevole da difendere. Il giovane "figlio di mamma", Louis Roulet/Ryan Philippe dichiara fin da subito la propria innocenza, affermando con convinzione di essere stato incastrato dalla stessa escort che lo accusa di violenza sessuale e tentato omicidio. 

A rendere interessante una storia fondamentalmente già vista, è la metamorfosi non solo professionale quanto personale, dell'avvocato spietato e ignaro dell'etica di ogni natura. Più di una volta questi ricorda le parole del  padre, avvocato prima di lui, secondo il quale era evidente come fosse più complicato riconoscere un innocente, un innocente vero. E secondo il vecchio Haller erano proprio quelli i clienti più difficili, gli innocenti. E' così che la tenacia di un grande avvocato, ambizioso e incapace di accettare una sconfitta in aula, inizia a vacillare. Dal momento che, alcuni compromessi con la giustizia non si presentano più come la strada che porta alla vittoria più grande, ovvero la giustizia pulita, senza macchie sulla coscienza, il bell'avvocato entra in crisi. La storia di questo giovane cliente, viziato con la mamma sempre pronta a firmare assegni, riporterà Haller  a un vecchio caso, ed è qui che Furman dà il meglio di sé. La macchina da presa entra e esce dalla coscienza dell'avvocato, emblema dell'uomo messo a nudo dalle proprie scelte, quelle che poi alla fine ti hanno reso l'uomo che sei "oggi". Le sequenze richiamano molto lo stile da serie tipicamente americana, i personaggi svolgono alla perfezione quei ruoli richiesti dal thriller legale e psicologico al contempo. Si ripensa a Richard Gere e a quel giovane presunto innocente che fu Edward Norton in Schegge di paura. "Presto o tardi un uomo che indossa due facce dimentica qual è quella vera".

Questa la tagline del film di Gregory Hoblit, dopo aver visto The Lincoln Lawyer si ragiona sulla propria coscienza, sulla nostra capacità di ascoltare una persona che dichiara la propria innocenza e sforzarci almeno, di comprenderla, in ogni caso. Perché il primo dovere della giustizia, ancor prima di proclamare, dovrebbe essere quello di "ascoltare", passo fondamentale che permette poi, "e solo poi", di giudicare.

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