non importa avere un passato da aristocratici. né il vivere nelle duecentocinquanta stanze della Tottenham House, nel Wiltshire. come diceva l’antico adagio, la morte non guarda in tasca a nessuno. ed è così che assistiamo alla caduta nel baratro della malattia, e dell’orrore che ne consegue, dei tre componenti della famiglia: Donald, ex Lord, e capofamiglia, che cerca in tutti i modi di risolvere i debiti che opprimono la casata; sua moglie Nancy, costretta a letto da una malattia per curare la quale occorrono cure dispendiose che i nostri difficilmente potranno permettersi; e, infine, il figlio James, minorato mentale, un bimbo infilato nel corpo di un uomo, iper-dinamico e dipendente dagli psicofarmaci.
II.accelerazione-rumore-stasi
l’opera è una riproduzione fedelissima- almeno a livello sostanziale- del calvario della Malattia, dell’orrore della Follia. non c’è soluzione al dolore trasudato da ogni singolo fotogramma. l’isolamento sociale cui è costretto il figlio anormale, ancor più anormale perché isolato, è lo stadio ultimo di una paralisi morale che ha invaso il locus asper della famiglia: si è ridotti a un’insipida sopravvivenza, senza comunicazione, né emozione (positiva, almeno), dove bisogna aspettare l’entrata in scena di una madre devastata dalla malattia per vedere una pur minima ventata di gioia. sfiduciato e desideroso di guadagnarsi finalmente l’orgoglio del padre distante, James cercherà di fare l’uomo di casa, di assumersi responsabilità chiaramente oltre i limiti intelligibili dal suo disagio psichico: James intende il bene, ma anima il male- obnubilato dalle distorsioni della sua mente, senza più il controllo chimico degli psicofarmaci, senza siringhe a sedarlo, ma con mille emozioni contrastanti. e non ci sarà pace per nessuno.
titolo originale: The Living and The Deadun film di Simon Rumley2006