The Lobster

Creato il 17 luglio 2015 da Zaziefromparis
Ma ci pensate mai alla potenza che può avere il cinema nel raccontare una storia?
Una storia che illumini di una luce nuova, geniale, un tema forse più adatto ad un trattato sociologico che a un film, ma che proprio per questo genera una reazione fortissima, quasi esplosiva?
La settimana scorsa il Cinema Luxor ha proiettato in anteprima alcuni film del Festival di Cannes 2015 e sono così riuscita a vedere The Lobster, del regista greco Yorgos Lanthimos, opera vincitrice del Jury Prize.

Gli ospiti dell'hotel (J. C. Reilly, B. Whishaw, C. Farrell)


In un futuro prossimo non meglio specificato (ma più vicino di quanto si pensi?), in un luogo fisico non meglio identificato, la società non permette agli esseri umani di restare single. Se non si ha un compagno/a, lo si è perso/a o ci si è separati, si è costretti a vivere in un hotel dove, nel giro di 45 giorni, si deve trovare qualcuno con cui fare coppia. Pena l’essere trasformati in un animale. David, fresco di divorzio, è appena arrivato all’hotel e cerca di ambientarsi. L’animale in cui ha scelto di trasformarsi, se le cose non dovessero andare bene, è un’aragosta (perché vivono a lungo e stanno in acqua, un elemento che gli piace molto). Dopo un tentativo mal riuscito di formare una coppia con una donna senza cuore, David scappa dall’hotel e trova rifugio nella foresta, dove viene accolto da un gruppo di ribelli. Rispetto all’albergo, qui il problema è opposto: i ribelli non accettano il formarsi di coppie o il nascere di un amore, e chi viene sorpreso anche solo a baciare qualcun’altro, passa un brutto momento. David però finisce con l’innamorarsi, ricambiato, di un’altra “ribelle”. Riusciranno i nostri eroi a farla franca?

The Lobster è un fantastico esempio di cinema dell’assurdo.
Il grottesco, il ridicolo, il delirante, qui si mischiano, si parlano, si intrecciano, dando vita ad una storia che lascia prima spiazzati, poi un po’ depressi, e infine sorpresi dalla profondità degli intenti.
Lanthimos fa una critica precisa alla società moderna su un tema che, francamente, tocca  ciascuno di noi. Perché tutti siamo in qualche tipo di relazione interpersonale o vorremmo esserlo, e perché il mondo che ci circonda ci ricorda continuamente che tutto è fatto per due o, meglio ancora, per una famiglia. 

Basti pensare alle pubblicità che ci martellano con l’immagine di famigliole perfette e felici, o agli sconti per due sui viaggi di qualsiasi tipo, o alla tristezza che ingiustamente ci prende sempre o comunque alla vista di una persona che cena sola in un ristorante. Da lì alla polizia che ti viene a chiedere se sei da solo quando ti vede fermo nella hall di un centro commerciale e ti chiede i documenti per dimostrare che sei in coppia (una delle scene più geniali del film), a me tutto sommato il passo sembra breve.
Più il crinale tra realtà e delirio puro è sottile, più il film è efficace. Lanthimos è scientifico nella sua dissezione delle relazioni di coppia. Ce n’è per tutti, non solo per i single. Le unioni sembrano basate su falsità mascherate da intese perfette e, in caso di crisi, alla coppia viene dato (altra idea geniale) un bambino già fatto e grandicello. Il film è attraversato da una vena di violenza che resta più suggerita che reale, ma è alleggerito da momenti di grande comicità che rendono il tutto ancora più straniante e singolare.  

David (C. Farrell) e la sua innamorata (R. Weisz)


Conoscevo Lanthimos di fama ma non avevo mai visto un suo film prima d’ora, e di sicuro The Lobster fa venire voglia di scoprirlo. Qui è alla sua quarta prova ma al primo film “internazionale”, e pare che un budget più sostenuto e la presenza di attori famosi non abbiano cambiato di molto la sua cifra stilistica: una satira feroce (ma divertente) e un occhio attento alle dinamiche di gruppo. Girato in Irlanda con luci quasi interamente naturali, il film vanta un cast davvero notevole: un Colin Farrell sperduto e ingrassato nella parte di David, una bellissima (nonostante sia priva di trucco) e bravissima Rachel Weisz in quella della sua innamorata, i sempre perfetti Ben Whishaw e John C. Reilly nella parte di due ospiti dell’hotel e una straordinaria Olivia Colman in quella dell’hotel manager. L’unica che, stranamente, qui non ha il physique du rôle, è Léa Seydoux come capa dei ribelli. A mio avviso ci sarebbe voluto qualcuno di più "impressionante" dal punto di vista fisico e forse anche con un pizzico di ferocia in più.

Il regista Y. Lanthimos sul set

The Lobster è uno di quei film che rimane attaccato sotto-pelle e a cui si pensa per giorni, facendosi un sacco di domande, e avendo voglia di discuterne con chi l’ha già visto. Il che è sempre un buon segno, per quanto mi riguarda.
Inutile specificare che la mattina dopo mi sono svegliata chiedendomi in quale animale avrei voluto essere trasformata. Perché, siamo onesti, con i tempi che corrono, chi mai potrebbe trovare l’anima gemella in soli 45 giorni??!

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