Sì ok, non sottovalutare mai le spese fa di noi degli elementi dotati di natura riflessiva e saggia, almeno fin quando teniamo la mano nella tasca...soprattutto fa di noi dei grandi conoscitori e ammiratori della Settima Arte, l'esigenza di scassare l'anima a chi fa cinema e a chi lo guarda con quella leggerezza che, ogni buon critico "d'oc", si è rigorosamente promesso di eliminare dalla lista delle proprie possibilità esistenziali, ancor prima che professionali.
Nonostante il mio ritardo vergognoso, e la mia assenza in questi giorni sul blog, devo ammettere che è bastato arrivare alla prima virgola del post per ritornare alle sensazioni fresche di visione in sala. Al momento preciso in cui io ho detto a me stessa, cacchio ma il Cinema allora può davvero esistere in funzione della sua più congenita abilità di "intrattenere"? Può, può eccome. Anzi deve...
Su questo ultimo film, che vede di nuovo insieme la ciurma capitanata da Gore Verbinski, se ne sono dette già di tutti i colori. No aspetta un attimo. A dirla tutta si è detta per bene la stessa filastrocca fin da prima dell'anteprima, e ancor prima di ogni prima possibile. Perché voi dovete sapere che il critico "cazzuto" è quello che può parlare del film ancor prima di vederlo. Eh già...davvero. Non ci credete? Eppure è così. E non immaginate quanto io mi diverta a leggere le elaborate paranoie critiche e saputelle di chi scrive, con quella presunzione di poter dire tutto, sottovalutando poi la fondamentale prerogativa di chi scrive e di chi legge, ovvero la voce del verbo "VEDERE". Io ho imparato senz'altro a farmi un'idea, così come facciamo tutti. E le idee vengono quasi sempre a priori, entriamo in sala con un'idea ben precisa. Poi accade che questa può legittimarsi oppure frantumarsi, per dissolversi poi nell'entusiasmo generale che chiude quelle due ore circa passate in sala.
The Lone Ranger non è un capolavoro, ma è pure banale starlo sempre a sottolineare. Voglio dire, possibile che si deve e si può discutere, solamente ruotando attorno a questo terribile e fastidioso paletto che divide in due le acque della critica, condannando e condannandoci ad una sola alternativa di giudizio: capolavoro o no. E se non è un capolavoro è un flop. Flop uguale merdume cinematografico e così via...No, io finché posso mi rifugio nella via di mezzo e provo a guardare quello schermo libera e incondizionata, anche perché se il critico cazzuto ha detto che The Lone Ranger è inguardabile e che Johnny Depp è ormai alla frutta, altro non ha fatto che darmi un buon motivo in più per correre in sala.(Che simpaticoni i critici cazzuti...)
Mi è capitato di discutere in maniera accesa con amici e colleghi, diciamo così, ancor prima di vedere il film. Per le ragioni elencate prima. Un amico ad esempio sostiene che per andare al cinema, bisogna avere almeno un buon motivo e, a detta sua, The Lone Ranger proprio non gliene dava. Figuriamoci, il Pirata dei Caraibi trapiantato nel deserto. Rispettabile pensiero, per carità. Ma io non sono d'accordo. Eviterei di dire, anzi di ripetere, quanto io ami il "mio Johnny". Quindi non lo faccio e mi salvo, se non altro ci provo, dagli attacchi che mi condannerebbero (e così sarà) alla nomea della critica fasulla che va a vedere The Lone Ranger solo perché c'è Johnny Depp (embè?). Ma andiamo avanti.
A me bastava pensare a questo personaggio visto già in serial e film, alla più nota vista anche in Italia come Il cavaliere solitario, e ancor prima letto in un fumetto e ascoltato in un programma radiofonico. Verbinski sceglie di strutturare il suo Lone Ranger sulla scia di ricordi ed emozioni di un vecchio indiano esposto ad una mostra/museo, e fa in modo che il suo primo ascoltatore/spettatore sia proprio un bambino. Il vecchio indiano è Tonto/Depp, e dai suoi occhi e dalle sue immediate fattezze strambe parte la storia di questo uomo della legge divenuto Ranger mascherato, John Reid/Armie Hammer. Alla base c'è l'esigenza di una giustizia, la storia di un avvocato che rimane deluso dalla sua dea e la storia di un indiano emarginato. Questi due personaggi, le loro stesse storie finiranno per confluire in un unico fiume narrativo, scontrandosi e riconciliandosi a tremila all'ora, lungo i binari di un treno che sembra gridare al cinema di una volta. Non dimentichiamo che il CINEMA INIZIA PROPRIO CON UN TRENO...
Nonostante la sua durata, per molti eccessiva e inutile, io non ho mai sofferto il tempo durante la visione del film. Sarà che amo abbandonarmi alle sequenze più tipiche dell'action, un action che si esibisce nelle distese del western e ti solleva quel mucchio di polvere e terra che fa strizzare gli occhi. Il Tonto di Depp è perfetto e sembrerà assurdo confessarvi che io non abbia pensato a Sparrow neanche per un secondo, piuttosto io ho rivisto il senso di emarginazione e di solitudine che esplodevano pacatamente negli occhi di Edward (mani di forbice). Il Tonto di Depp non beve rum, non appare grottesco e non fa ridere. Oppure se lo fa, rimanda a quei sorrisi più amari, distanti anni luce da quelli che seguivano alle gesta del brigante Jack.
Volevo mantenere una certa forma contenuta, non ce l'ho fatta. Volevo parlare dell'Overture di Rossini e delle spettacolari musiche di Hans Zimmer. Volevo parlare di William Fichtner e del suo terribile Butch Cavendish. Volevo parlare della gamba d'avorio della signora Red/Helena Bonham Carter, quando un'attrice dà tutto in due battute e quattro colpi di ciak!. Volevo parlare del sapore western e delle sequenze dedicate al deserto e alla polvere, ai cavalli che sembrano rompere il silenzio in sala. Volevo parlare di un film che, nonostante il fiasco al botteghino americano e nonostante i critici cazzuti, a me ha ricordato la più nobile e semplice delle emozioni che sanno riempire le sale. Il divertimento, il sentirsi leggeri per un paio d'ore. Assistere ad uno spettacolo che può vantare l'abilità di un regista non perfetto ma abile nel "confezionare". Volevo scrivere una recensione che somigliasse almeno un po' a quelle dei miei abili e illustri colleghi. Ma io non sono una critica cazzuta. A me piace pure fiondarmi in sala senza stare ad ammazzarmi di paranoie, con l'entusiasmo che mi riporta un po' a quando avevo dieci anni. Perché il cinema, cari critici cazzuti, che lo vogliate o no, è anche QUESTO!!!
*Ora che ci penso, ho scritto "flop"? Aspetta aspetta, sì. L'ho scritto. Cavolo, allora sono un critico anche io...