The Most Excellent and Lamentable Tragedy

Creato il 26 novembre 2012 da Jonlooker @Jonlooker

Avete presente, in Romeo e Giulietta, quando Romeo dice a Mercuzio: «Taci, taci, Mercuzio, taci! tu parli di niente!» ?

Ecco, tralasciando il fatto che qualcuno avrebbe dovuto insegnare a quel moccioso a non zittire gli amichetti più grandi, oggi quella frase sarebbe rivolta a noi, che parleremo del nuovo spot per lo Zymil di Parmalat e ci faremo su tutto un post, ma in realtà come al solito si parlerà d’aria fritta, che comunque a noi piace tanto.

Le premesse le conosciamo, noi veterani dello spot italiano. Casa tutta bianca, famiglia con figlio maschio e figlia femmina, che se non abbiamo la coppietta di prole siamo gente sfortunatissima, moglie bionda, fiori e frutta a tavola che neanche in un quadro di Van Dyck, manca solo il fagiano.

Sappiamo anche che l’unica cosa che una famiglia italiana fa è mangiare. E quale pasto è più condiviso nella nostra penisola, se non la colazione? Non so come va a voi, ma qui la mattina ci si saluta con un grugnito e nessuno è in grado di aprire barattoli o arrostire pagnottelle almeno fino alle nove e mezza. Per qualche strana ragione, invece, negli spot, alle sette meno un quarto i bambini sono già lavati e vestiti, con tre goccette d’acqua di colonia dietro alle orecchie e la cartella in vitello spazzolato bella ingrassata; senza contare che tutti hanno tempo a volontà, sicuramente abbastanza per farsi gli scherzi con la merenda. Si potrebbe stare anni, a parlare degli scherzi con la merenda (ve lo dicevo io, che si parlava di niente!) e non si smetterebbe mai di chiedersi perché, perché in ogni spot che venda merendine tutti fingono di rubarsi la cioccolata, ridono sganasciati masticando pane e si fanno pucci pucci sul naso con farina e Kinder Colazione Più? Nessuno c’ha l’ansia per un esame, nessuno ha la maestra sadica alla prima ora? Cos’è questa atmosfera da villaggio vacanza il lunedì mattina?

Ma non divaghiamo, che ‘ste colazioni durano già quanto un banchetto a Versailles e non possiamo perdere tempo ad ammirare le colombe che volano via dalla pancia del tacchino.
I bambini, infatti, hanno un dubbio che tormenta i loro bei visini regolari: ma come mai, contrariamente alle famiglie dei clan Barilla e Ferrero, noi non abbiamo qui il papà a pasteggiare per questo reenactment dell’ultima cena? Che è una domanda giustissima e legittima, badate bene, nel mondo televisivo, dove il pancarré non cade mai dalla parte della marmellata.

Così si fa l’ipotesi che al papà non piaccia il latte. Una possibilità che spezza il cuore, ma questi due bimbi sembrano in gamba abbastanza da sopportare una notizia di tale sconcerto.

La santa madre, creatura benedetta, ha il grande fardello di dire la verità, che è molto, molto più pesante di quanto previsto. E lo fa con un sorriso che irradia i boccoli, con tanta fatica nel mantenersi ridicolmente garrula come è previsto che sia. Perché, vedete, al papà il latte piace, è che fatica a digerirlo. Ma vi immaginate una tortura peggiore per un essere umano?

Comprensibilmente, questo stato di cose devasta nel profondo il pover’uomo, che per protesta contro la vita non si fila la famiglia di striscio e se ne resta in disparte in un cono d’ombra, con la borsa appesa al braccio, fingendo spudoratamente di leggere tre fogli bianchi spillati, con qualche baggianaggine digitata a caso sul frontespizio, che sono veramente una miseria. Ma sul serio, produzione, avevate speso tutto per apparecchiare la tavola o per ingaggiare la giraffa di pezza?

La moglie cerca di coinvolgere il consorte urlando come una vajassa che da oggi (eh, come no, l’oggi di dieci anni fa forse) c’è il miracoloso Zymil e lo mette sul tavolo con dissimulata noncuranza.

Va detto che basta solo nominarlo, quel latte, che il marito si ringalluzzisce tutto, esce dal buio speleologico del soggiorno, ripone il plico e svela al mondo un’espressione da basset hound addolorato che forse era meglio se se ne restava a percolare nell’oscurità.

Così, la colazione può finalmente tornare ad essere quello che deve: un momento di sano nutrimento, per il quale, ricordo, è sufficiente mettere una banana e due mele sul tavolo: non bisogna commettere l’ingenuità di mangiarle, non ci sarebbe spazio per i biscotti e i croissant, che sono la colonna portante delle coronarie.

Per celebrare la ritrovata unione, si improvvisa un inutile coretto innescato dal padre in marrone, versando tutti il latte nelle tazze con un’energia tale che se lo scuotono ancora un po’ si fanno pure il burro.

Come avrete ben capito dalla lettura di questo post, si può, proprio come negli spot, restare a parlar di niente finché più aggrada.

Mercuzio, c’è da dire, alla fine non parlò proprio più di niente niente, infilzato come fu da Tebaldo. Noi, dal canto nostro, non potremmo mai trapassare da parte a parte questa famiglia, i tempi son diversi (e poi il sangue non si lava mai bene dal bianco). Né ci sogneremmo mai di avvelenarli, che s’è visto bene in Romeo e Giulietta quanto la cattiva organizzazione generi pasticci nei veleni.

Ma un piccolo, piccolo desiderio che il latte su quella tavola sia andato un pochino, pochino a male, in effetti ce l’abbiamo.



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