Ma.
Ma, ogni tanto, succede che il mio ascolto diventa totalmente passivo e il mio potere decisionale – la mia recherche - si annulla. Il mio pretenzioso cammino si blocca, con i piedi infangatii in una manciata di canzoni.
Come mi è successo nuovamente in questi giorni (settimane): da metà agosto, infatti, non riesco a togliere le orecchie da uno stesso cd. Salgo in auto, come sempre ho parecchia musica fra cui scegliere, ma viaggio dopo viaggio riascolto sempre le stesse 11 canzoni, e come un ragazzo innamorato non posso fare a meno di tornare a godere della stessa cosa fino ed oltre alla nausea, al di là di quanto intellettualmente o fisicamente il disco mi possa appagare.
Il disco in questione è “High Violet” dei The National, uno dei gruppi Indie più in voga al momento – quindi, tutto sommato, il mio istinto mi spinge ad essere anche trendy. La band, che ha la curiosa formazione di due coppie di fratelli più il cantante, è nel mio giro di cd solo da qualche mese, indie per cui (:D) non posso vantare una conoscenza approfondita della loro discografia. Il loro stile è decisamente “basso”: basso il tono della voce del cantante, basso il grado di complessità delle armonizzazioni, basso il numero di strumenti usati per gli arrangiamenti. Forse, avrei potuto dire “elegante”: non c’è traccia di virtuosismi o esercizi di stile, gli arrangiamenti sono minimali ed essenziali, ma in qualche modo sembrano essere la soluzione migliore per dare vita a canzoni composte solitamente da una manciata di accordi e melodie che non spaziano per più di qualche tono e liriche spesso composte da frasi ripetute anche per l’intera canzone. Insomma, sulla carta un disco del genere mi avrebbe potuto al secondo ascolto, eppure è successo il contrario, e poco per volta le sottili linee melodiche si sono infiltrate nelle mie crepe e non se ne vogliono uscire.
Ah, e per chi cerca del buon live: il 16 Novembre sono all’Alcatraz, chi vuole accompagnarmi si appalesi!