The Oscar Nominated Short Film – Live Action

Creato il 07 marzo 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

A partire dal 31 gennaio 2014 l’opera in analisi è stata presentata in varie parti del globo al fine di presentare i migliori corti selezionati per una delle premiazioni più celebri al mondo: l’Oscar Nominated Short Film. Quello di cui ci occupiamo dei tre esistenti (Animation, Documentary, Live Action), è quello dedicato al Live Action. Documentario perché è introdotto e moderato da alcuni volti noti della cinematografia mondiale, tra cui Tom Vaughan (Notte Brava a Las Vegas), Peter Webber (La Ragazza con l’Orecchino di Perla), Matthew Modine e altri. Al centro dell’opera vi sono i corti in nomination della sezione Live Action, come anticipato, opere con attori in carne ed ossa che hanno in varia misura a che fare col genere.

Si inizia con Helium del danese Anders Walter, uno struggente sguardo su un bambino malato terminale e il rapporto con un volontario che tempo addietro ha perso il fratello minore a causa di un male incurabile. L’uomo introduce il bambino alla morte presentandogli il mondo verso cui è diretto, formato da frammenti sospesi per aria grazie a dei palloni pieni di elio. Il bambino è appassionato di palloni aerostatici, e proprio a questa sua passione il volontario si appiglia per aiutarlo ad elaborare il difficile passo nell’accettare la propria morte. Essendo un bambino lo fa attraverso la speranza di una mente ancora fertile. Una metafora intelligente sul mondo dei malati terminali e la terapia psicologica.

Subito dopo vi è The Woorman Problem dell’inglese Mark Gil, incentrato su un prigioniero che è convinto di essere Dio. Il medico che lo deve valutare stenta a credere ai ragionamenti perfettamente lineari dell’uomo considerato pazzo. Una strizzata d’occhio al racconto di Irvine Welsh The Granton Star Cause contenuto nella raccolta Acid House, con un finale altrettanto cattivo.

Più tragico nel senso sociale del termine, è invece Avant que de Tout Perdre del francese Xavier Legrand, che parla di una madre in fuga coi figli da un marito violento. Assistiamo alle operazioni di fuga, ai rischi che corre la giovane madre, il tutto con un ottimo meccanismo volto alla suspense in accezione classica.

Aquel no era Jo, dello spagnolo Esteban Crespo, è ambientato nell’Africa subsahariana e vede le tragiche vicende di due medici rapiti da un gruppo di guerriglieri bambini capitanati da un folle fanatico. Il corto si destreggia tra il documentario, la tragedia e il genere action con sequenze di guerriglia. Un prodotto di commistione sorprendente e che tocca corde emozionali con proverbiale abilità.

Si cambia del tutto registro col finlandese Pitääkö mun Kaikki Hoitaa di Selma Vilhunen, in cui una famiglia  scapestrata si presenta ad un funerale di un bambino convinta sia un matrimonio. Il genere vira tra il grottesco e la black comedy, mettendo la parola fine al documentario dopo aver passato in rassegna vari generi e avendo evocato emozioni diverse e contrastanti. Un interessantissimo sguardo su corti di alto livello, sia qualitativo che di budget, con interventi mirati che promuovono una tipologia di fare cinema spesso considerata riduttivamente  amatoriale.

Davide Casale


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