The pride of Herefordshire. La storia dell’Hereford United
Qui anche il VIDEO Hereford United - We Want Our Club Back
tratta dalla pagina Facebook Anglocalcio - Quelli che il calcio inglese
Cominciamo da li, dal suo momento piu alto, il piu grande, il piu celebrato: 5 Febbraio 1972. Nelle case degli inglesi rieccheggiò l’urlo di un telecronista in erba della BBC, tal John Motson.. Sì lui, il futuro Motty che diventerà il commentatore per eccellenza del calcio inglese. “OH, WHAT A GOAL!!! What a goal! Radford the scorer! Ronnie Radford! And the crowd…the crowd are invading the pitch! “. Li c’è tutta la storia della FA Cup, perchè quella partita diventerà l’esempio, l’emblema del giant-killing! Le scene del pubblico che invade il campo poi, in una gioia da far stringere il cuore e far venire la pelle d’oca, sono da consegnare a chi dice che “è solo uno sport”.
Si, certo. Raccontatelo a Hereford. Quel giorno c’era tutta la città ad Edgar Street, il teatro dei sogni di Hereford, non lo stadio piu bello, non il piu comodo, senza spogliatoi (i giocatori si cambiavano al vicino Wellington Hotel, e da li a piedi fino al campo di gioco) che quella sera, stipati all’inverosimile, ospitava ufficialmente 14.000 spettatori, ma solo perchè quelli arrampicati sugli alberi e sui pali dell’illuminazione non vennero considerati nel computo totale. Ronnie Radford esplose un tiro sotto l’incricio da oltre 30 metri, su un campo da gioco che oggi verrebbe definito con un certo coraggio “al limite della praticabilità”, perchè il calcio è ormai sport da signorine; nel supplementare poi segnò Ricky George, apoteosi, e tanti cari saluti al Newcastle. Basterebbe rivedere quegli istanti per innamorarsi di the Beautiful Game, pensate un po’ l’effetto che devono fare a chi quel giorno c’era, a chi l’Hereford United lo tifa. E tifare per i bulls non fu sempre così facile, a dire il vero non lo è mai stato.
Quell’incredibile partita ruppe la monotonia di una contea sostanzialmente rurale. Gente di campagna, a due passi dal Galles, che faceva di Hereford il centro principale per il mercato dei propri prodotti. Il simbolo l’Hereford cattle, una razza bovina con lo sguardo più placido che si possa immaginare, placido come la contea, della quale non poteva che essere simbolo perfetto. Sulle rive del fiume Wye il calciò arrivò nella seconda metà dell’800 come altrove, ma senza suscitare grandi entusiasmi. Sport da operai, non da fieri contadini. Si consolidò solo negli anni venti quando due club locali unirono le forze per provare a rendere celebre la città per qualcosa che andava oltre il placido bovino e la cattedrale gotica, peraltro posta proprio dietro lo stadio. Era il 1924 e il nome, come per ogni altra società d’oltremanica nata da una fusione, non poteva che essere Hereford United. La prima squadra semi-pro della zona, e a tuttoggi l’unica squadra della contea nei primi otto gradini della piramide del calcio inglese.
L’Herefordshire è bucolico. La minore densità del Regno, 82 abitanti per km², campagna, tanta, a perdita d’occhio, la vita scorre placida e tranquilla come il Wye, come se il tempo li scorresse molto piu lentamente. Come 2.000 cristiani potessero ogni Sabato affollare Edgar Street per la Birmingham League (la lega nella quale militò per i primi anni) resta quantomeno un mistero.
Siamo in pieni anni ’30, la Football League aveva già tre serie, ed esistevano gia le leghe minori, quindi immaginate quale fosse l’importanza (eufemismo) della Birmingham League..cosi importante che le squadre parteciparti una ad una se la diedero a gambe. Ne rimasero solo 11..Quando quella lega cessò di esistere si chiese l’elezione in Southern League. La lega accettò, ma sfiga volle che l’anno era il 1939 e che per disputare una partita nel nuovo campionato l’Hereford United dovette così aspettare sei anni. La fine della guerra.
Gli ottimi risultati in Southern League (pur senza mai vincerla) videro una crescita costante nelle medie spettatori, e il club cominciò a farsi conoscere anche livello nazionale. Nel 1957/58 i bulls ne suonarono sei al QPR in FA Cup, e quella vittoria rimane ancora oggi la più larga nella storia degli incontri tra squadre di Football League e non. Vennero eliminati nel turno successivo dallo Sheffield Wednesday, ma quel giorno a Edgar Street arrivarono 18.114 spettatori, praticamente mezza città, visto che all’epoca Hereford contava circa 40.000 abitanti!
Quelle epiche partite di FA Cup portarono un entusiasmo mai provato prima. Si pensò per la prima volta a Hereford come ad un posto in cui fare calcio seriamente e non solo come a una tranquilla cittadina immersa nelle campagne inglesi. Colpo di scena: nel 1966 arriva John Charles, che avrà anche avuto 35 anni ma era pur sempre John Charles, quel gigante di Leeds e Juventus, ed ora giocava per l’Hereford United, club il cui idolo precedente era stato tal Albert Derrick, con tutto il rispetto. Big John giocherà nell’Herefordshire per cinque stagioni, segnando un’ottantina di goal e divenendo anche manager della squadra. Se ne tornò in Galles una stagione prima dell’impresa contro il Newcastle in FA Cup, ma a quel punto lo United era pronto al grande salto. Media spettatori più alta della non-league e che superava quella di parecchi club che nella Lega c’erano eccome. Il secondo posto in Southern League del 1972 fu l’occasione per chiedere l’elezione in Football League, ma non fu la discriminante che fece sì che questa venisse accettata: a molto contribuì infatti quella vittoria contro il Newcastle che, volente o nolente rimane l’apice della storia dei bulls nonchè il suo turning-point. Lo slancio emotivo che seguì fu talmente forte che nel giro di quattro stagioni l’Hereford United si trovò in Second Division, a un passo dai grandi!
Senza quel goal di Radford e George magari la storia sarebbe andata diversamente. Hereford era entrata nella cartina del calcio che conta. Nuove rivalità, visto che gli antichi nemici del Worcester City erano rimasti in non-league: Shrewsbury Town (A49 derby), Cheltenham Town, Kiddermister Harriers.
L’Hereford si prese anche la soddisfazione di vincere una Welsh Cup nel 1990, all’epoca i club inglesi al confine con il Galles erano soliti disputare anche la coppa gallese; poi un’apparizione ai playoff negli anni ’90, poi il buio. Stagione 1996/97, quell’ultima sfida contro il Brighton in un Edgar Street colmo di gente come non accadeva da tempo. Vittoria bulls, seagulls retrocessi; vittoria/pareggio Brighton, ciao Hereford. Finì 1-1, con Adrian Foster a sprecare la palla-salvezza al 90esimo. La non-league riabbracciava lo United dopo 27 anni.
Graham Turner, il manager, rimase comunque alla guida del club. Rimarrà per 14 anni a Hereford, a dir la verità, e nonostante sia passato anche da Shrewsbury è venerato dai locali. Grazie, Mr. Turner insieme a Joan Fennessy mise le palanche quando il club era sull’orlo del fallimento, salvandolo da morte certa. Come se fosse niente. Lo risanò anche, tanto che, quando salutò direzione Shropshire, l’Hereford non solo godeva di ottima salute, ma era anche tornato in Football League, perfino in League 1 seppur per un solo anno.
Stagione 2013/14, l’ultima. L’Hereford è di nuovo in crisi profonda, stavolta non ci sono piu Turner e company a salvare la baracca, e la squadra lotta strenuamente nei bassifondi della Conference League. Ultima partita, Chester-Hereford, quart’ultima contro terz’ultima proprio all’ultimo appello, il Chester ha un punticino in piu, ai locali basta anche l’X. Ai bulls si chiede il miracolo, serve solo la vittoria.
E la vittoria arriva davvero! uno-due terribile ad inizio secondo tempo e la squadra è incredibilmente salva! Tutto bello, vero? E infatti neanche il tempo si assaporare l’insperata salvezza che l’Hereford viene penalizzato! 2 punti, da scontare sul campionato appena finito! Si scivola sotto il Chester nell’incredulità generale. L’onda emozionale è forte, nel frattempo i soci se la svignano lasciando ai bulls cataste di debiti. I fans si mobilitano, ma la montagna partorisce il topolino. L’Hereford non riesce a iscriversi e si riparte dalla Southern League Premier Division, settimo livello della piramide.
Il club oggi emette settimanalmente un riepilogo delle attività inerenti alla gestione del debito, lotta nel centroclassifica cercando di riattaccare i pezzi di un passato che non si può cancellare, nell’attesa di un ritorno in Football League, ma senza fretta, come è giusto per gente di campagna. Le maglie bianche da sempre, lo sguardo placido e in qualche modo rassicurante del bue nello stemma del club sono le certezze da queste parti. L’Hereford United sarà ancora una volta lì, a rappresentare questa città immersa nelle campagne inglesi che un giorno si scoprì grande nel calcio e impazzì.