Dopo un inizio difficile, il buon vecchio Rick, aiutato da Jake Phillips - capo della vigilanza interna - e da alcuni degli studenti più volenterosi, si dedicherà a mettere in pratica il suo piano per rendere Brandel una scuola come si deve.
Un piano semplice che si può riassumere in due parole: "Ora basta".
Esistono alcuni film che credo di aver visto un numero di volte tendente all'infinito, e che, ugualmente, riescono a non stancarmi mai, sostituendo alla sorpresa e alla tensione della prima visione il piacere totalmente irrazionale dell'appassionato di sapere ogni battuta a memoria, e rivivere ogni scena quasi si fosse preso parte ai ciak originali: The principal è uno di questi film.
Mito assoluto delle mie visioni d'infanzia, cult tra i favoriti dell'allora casa Ford, fulcro di scambi di citazioni tra me e mio fratello, ancora oggi scuote ricordi e sensazioni mai davvero sepolte, e quando - come nel caso della sera in questione - Julez riesce a spolverarmelo a caso facendo zapping, diviene da subito l'oggetto dell'attenzione cinematografica della serata, dimentico, come al solito in questi casi, di ogni riferimento alla tecnica o alla perfezione stilistica, quanto più inno alla becera tamarraggine degli anni ottanta nonchè ai film dell'epoca, ritmati dagli indimenticabili "momenti videoclip".
La moto di Rick Latimer, le sue battute a mezza voce - ottimo Belushi, in una delle sue parti più azzeccate dopo quella di Danko -, la sfida ad un sistema sovvertito dagli studenti, le scene cult inanellate una dietro l'altra, tanto improponibili quanto esaltanti ad ogni visione sono ancora oggi una calamita irresistibile: la scena nel locale in apertura, l'arrivo a Brandel con il tentativo di espulsione di Zack il bianco ed Emil - il dialogo con "il signor Fottiti e il signor Bianco di merda" è da antologia -, la moto lanciata sulle scale per fermare lo stupro di Miss Orozco, la lotta finale nelle docce degli spogliatoi, per non parlare di quel "le vuoi le patatine?" gridato a Duncan in una scena replicata ed imitata almeno un paio di milioni di volte nei contesti più disparati sono nel mio cuore al pari delle migliori sequenze diGrosso guaio a Chinatown.
L'atmosfera del film modello Sly, dunque, trasportata in un contesto urbano e forse troppo sociale per il nostro mito dal labbro da una vita propria, rielaborata attraverso un protagonista taciturno, disordinato, scombinato, infantile eppure responsabile, dalla battuta prontissima, capace di non tirarsi mai indietro eppure perfettamente umano nelle sue paure, coraggioso ma, come spesso gli capita di ripetere all'amico Jake, "molto stupido".
Inutile dire quanto piacere e quanto bene faccia, ogni tanto, al sottoscritto, respirare a pieni polmoni grazie ad una sana visione di questo tipo, capace di azionare la macchina del tempo, riportarmi all'età dell'innocenza e, al contempo, mostrare quanto l'intrattenimento di allora resti un modello ad oggi insuperato in quanto a provvidenziali spegnimenti di cervello nei giorni più intensi, o in quelli in cui, al contrario, non si vuole proprio pensare a nulla.
Quasi a voler dire a tutta voce: "Ora basta".
Rick Latimer aveva proprio ragione.
MrFord
"Well we got no choice
all the girls and boys
makin' all that noise
'cause they found new toys."
Alice Cooper - "School's out" -