Il celeberrimo incipit © J.R.R.T, da cui tutto, a ben vedere, ebbe inizio, contiene un indizio fondamentale per saggiare la nuova fatica filmica di Jackson: comodissima.
Comoda e facile, nella doppia connotazione di spontanea e scontata, questa sua nuova traduzione dell’universo tolkeniano, operata attraverso il medesimo asset visivo/sonoro che ha caratterizzato la trilogia de Il Signore degli Anelli.
Alla luce dei fatti, Un Viaggio Inaspettato svela i contorni di un’opera volutamente ipertrofica e fluviale, in cui l’ansia e l’esigenza di completezza si risolve in alcune lungaggini e logorree di troppo, che nuocciono all’equilibrio tra azione e narrazione, generando uno stop & go non molto funzionale e/o adatto a un racconto di per se più lineare e omogeneo, se non altro rispetto all’epos e al pathos planetario del Signore degli Anelli.
Personalmente l’unico credito (e speranza) che sono disposto a concedere, così a scatola chiusa, a questa idea che sa molto di exploitation, sta nel gossip secondo cui il terzo film dovrebbe attingere non solo al romanzo omonimo, ma anche alle appendici de Il Signore degli anelli (Il buon P.J. avrebbe dichiarato che, durante la proiezione riservata dei primi due capitoli era emersa l’esigenza di mostrare qualcosa di nuovo e inatteso riguardo all’immenso universo tolkieniano).
Pros
Cons
Martin Freeman: un perfetto giovane Bilbo Baggins Richard Armitage: Thorin Oakenshield versione Re Leonida. Epic fail
Dwalin (Graham McTavish): testa tatuata e braccia da culturista. Il nano migliore del lotto Il nuovo naso di Gandalf. La nuova voce di Gandalf (Proietti? No, grazie)
Radagast, i funghetti allucinogeni e la slitta di lepri Fili e Kili: i nani fighi, modello Abercrombie
La scena del salvataggio delle Aquile Gollum: personalità multipla ante-litteram
Dol Guldur. Aria di casa! Azog: inutile delirio horror
Thrór: direttamente da Skyrim Le malattie della pelle del Grande Re Orco
Le scenografie di Alan Lee e John Howe Il disagio esistenziale di Bombur
La fuga dalla tana degli orchetti stile videogame platform
In conclusione Un Viaggio Inaspettato è il classico film bello perché non potrebbe fare a meno di esserlo, ma proprio per questo motivo stucchevole e lezioso, e col sapore dolceamaro dell’occasione persa di dire/mostrare/fare qualcosa di almeno in parte nuovo, attorno all’illustre antesignano di tutta l’opera narrativa sulla Terra di Mezzo. Arrivederci al prossimo inverno, nella speranza che l’alito di Smaug sortisca qualche benefico effetto vivificante, oltre che la preannunciata desolazione.