Non è un film sulla biografia della regina, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, né una lunga carrellata sui rapporti diplomatici intessuti dalla stessa: la narrazione si chiude tra due virgolette chiamate Diana Spencer e Tony Blair.
L'elezione del Primo Ministro inglese e la morte della Principessa in quel di Parigi sono, infatti, i due punti di contenimento di una breve ma intensa caratterizzazione della protagonista che si ritrova a fare i conti con un politico appena insediatosi a Downing Street ed in vena di modernizzare l'establishment monarchico e con una folla popolare arrabbiata e delusa per l'assoluta mancanza di sensibilità per il lutto da poco subito.
Tony Blair se ne rende conto prima che sia troppo tardi, prima che la frattura con i cittadini divenga insanabile: capisce le fragilità di questa donna che sembrava inavvicinabile e inossidabile; simpatizza con la sua sempre più malcelata debolezza riuscendo, persino, a ribaltare il rapporto istituzionale e divenendo egli il consigliere di una donna che stravede e si commuove per i nipoti rimasti, precocemente, senza madre e per una rarissima specialità di cervo che rischia di rimanere secco durante le battute di caccia.
Non manca lo humor britannico specie quando l'insofferenza verso i telegiornali osannanti, in modo continuativo ed ossessivo, Lady D esplode in dialoghi completamente slacciati da ciò che la televisione sta blaterando, in sottofondo, o nei repentini e nervosi zapping di Sua Maestà nel vedere comparire il volto martirizzato e santificato della nuora sullo schermo.