The Raid 2: Berandal (2014)

Creato il 23 luglio 2014 da Silente

Se The Raid metteva nuovi paletti ai film di botte, lavorando sulla violenza esplicita che eruttava sopra uno strato di generi che fagocitava l'horror e una certa strutturazione videoludica, The Raid 2: Berandal lo piglia a pizze in faccia e spezza almeno tre ginocchia. Non so come Gareth Evans abbia potuto lavorare al sequel di un gioiello imprevisto e improvviso, la pressione subita dev'essere stata molta ma la straordinaria capacità di reinventarsi e di proporre un The Raid al cubo è stata ben superiore.
Delle due strade percorribili, la prima, più semplice ma di certo non più facile, consisteva nel replicare il numero uno con stessi schemi e stesse mazzate, qualcuno avrebbe sbuffato un po' all'inizio ma poi il tornado di crani fracassati avrebbe prevalso e ne saremmo tutti usciti sicuramente con minor esaltazione ma comunque con grandi applausi. Ben più tosta la seconda, a Evans sarebbe toccato cambiare una macchina schiacciasassi perfetta per proporre qualcosa di più scomodo e sostanzialmente nuovo. Il problema era: cosa cambiare del primo lavoro? Niente. Allora meglio riformulare: cosa aggiungere? E il pericolo, qui, era quello di prendere la carta vincente di un film piccolo ma rabbioso e perderla in un forse necessario arricchimento narrativo che si tramutasse però in sostanziale noia tra una mitragliata di calci e un'altra. O che succedesse una tragedia in stile Ongbak 2 e 3, con un Tony Jaa che gonfiava e complicava la trama così tanto da aver bisogno di due film per raccontarla, tra l'altro malissimo e con una dosa di noia mondiale.
Evans, da signore qual è, e con tutto il rispetto per mr Jaa, ha ovviamente scelto la seconda opzione, e ha fatto non solo le cose in grande, ha fatto le cose in grande bene. The Raid 2 dura 150 minuti secchi, quindi un sacco di minuti in più dove Iko Uwais possa fare malissimo a tutti i cattivi che a turno vogliono farlo fuori, e presenta una trama che, seppur estremamente classica nel rappresentare una scalata criminale di un giovinotto viziato ai danni del padre vecchio e troppo calmo per i suoi gusti, gode di una narrazione miracolosa, tanto che nel dispendioso minutaggio e in una complessità comunque prevedibile si rimane piacevolmente coinvolti e spesso trainati dal gran ritmo, da personaggi ben scolpiti e da un dialogo sapientemente calibrato che di certo non era così scontato aspettarsi.
Mi sembra di annoiare a tornare sempre sugli stessi discorsi, ma anche The Raid 2 è caso lampante per mostrare come una storia in fondo innocua e con molti cliché (il poliziotto infiltrato, la pace tra le famiglie criminali spezzata da una gioventù irrequieta) possa comunque risultare di spesso interesse grazie a una complessa stratificazione, una costruzione criminale solida e ramificata, attraverso quindi un racconto ricco di finezze registiche che alterano la continuità narrativa (la lunga, bellissima prima parte per motivare l'infiltrazione di Rama, che deve molto alla non-linearità tipica di Miike), e di dettagli psicologici che scavano in personalità ben conosciute ma lo fanno con mestiere e passione, scaldando personaggi che paradossalmente avrebbero funzionato anche senza questa ricerca (è il caso del killer Prakoso, depresso per la rottura con la moglie che gli impedisce di vedere il figlio, o del boss Bangun, classico padrone che ha raggiunto tutto e non ha bisogno di altro se non quiete per godere dei suoi risultati). A farla da padrone rimane comunque il gran lavoro di caratterizzazione su Uco, con un bravissimo Arifin Putra a dargli volto e ragionata pazzia: vero e proprio protagonista, perno centrale del film, che si muove attorno alle sue scelte dettate da stupida rabbia repressa e normale egoismo.
Al resto pensa Iko Uwais con il suo delizioso Rama, cupo, imbronciato, spande una tristezza sofferta ma anche tenera mentre controlla con forza disumana il distacco dalla moglie e dal figlio (altro cliché gestito però con classe sopraffina): le lunghe, sfiancanti, violentissime scene di battaglia lo vedono protagonista di decine di brutali varianti per uccidere, non passa minuto senza che spezzi una gamba, disarticoli un braccio, sfondi un cranio o peggio. Mostrando molta più tecnica e personalità che nella media dei prodotti simili, e cercando armonie, angolazioni e simmetrie di grande eleganza che poco o nulla hanno a che spartire con simili film di mazzate, la camera di Evans lo segue con movimenti calmi e controllati, piccoli piano sequenza che donano un dinamismo a tratti stordente, pugni, calci e armi di fortuna farebbero realmente male anche senza l'esagerato ma giusto spargimento di sangue, che fuoriesce abbondante da ferite causate da martelli, mazze da baseball, machete, uncini, lame e quant'altro possa uccidere in maniera cattiva e dolorosa.
E se prima, con le sue atmosfere fatiscenti, era un certo horror a mischiare le carte in tavola, adesso è l'action martellante a essere oggetto d'interesse, dal già citato poliziotto infiltrato, passando per le ovvie sparatorie e finendo con un pazzesco inseguimento in auto di un buon quarto d'ora che spazza a suon di cazzotti e sgommate qualsiasi Fast and Furious e needforspeediate varie.
Film colossale, già da rivedere come non ne avessi avuto abbastanza.

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