The Rasmus, metamorfosi e sfortune dei finlandesi che catturarono l’Europa

Creato il 22 dicembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Ogni band è legata a doppio filo alla propria canzone di maggiore successo: da un lato sa che le deve molto sotto ogni punto di vista, dall’altro spesso si ritrova ad odiarla. Quello che si potrebbe definire il “paradosso della hit commerciale” probabilmente suona fin troppo familiare anche ai membri dei The Rasmus, benedetti e al contempo maledetti dalla loro “In the shadows”, verso la fine del 2003. Benedetti, perchè devono molti fans proprio a quel motivetto orecchiabile (ma non per questo superficiale). Maledetti, perchè da fin troppi ascoltatori e critici musicali confinati da quel momento in poi nella categoria delle teen band buone solo a fare soldi con un paio di singoli per poi scomparire subito dopo. I The Rasmus, però, non sono una teen band. E non sono nemmeno scomparsi, dal momento che essere dimenticati dai maggiori canali di diffusione musicale non vuol dire certo non portare avanti il proprio progetto (e a ben vedere, non è nemmeno per forza una cosa negativa).

Photo credit: iWoman / CC BY-SA

I The Rasmus nascono nel 1994 dalla mente di Lauri Ylönen, Eero Heinonen, Pauli Rantasalmi e Jarno Lahti. Allora il loro nome è semplicemente “Rasmus”. L’aggiunta del “the” risale al 2000, quando un omonimo dj svedese minacciò di fare causa alla band e dunque si scelse di cambiare nome per non rischiare problemi legali. Al fine di rendere l’articolo più chiaro, però, sarà più semplice chiamarli The Rasmus sin da ora.
I The Rasmus si esibiscono per la prima volta il 23 dicembre 1994, in occasione del concerto di Natale della scuola superiore di Helsinki che al tempo frequentavano. Prima che la band compia un anno di vita, però, ecco il primo cambio di formazione: Janne Heiskanen sostituisce Jarno Lahti alla batteria.

Lo stile del neonato gruppo, un rock melodico influenzato da elementi funk, è molto diverso rispetto a quello odierno. Il cambiamento sarà in effetti un aspetto fondamentale dello sviluppo dei The Rasmus, che nel corso degli anni evolveranno il proprio stile sempre in nuove direzioni, pur conservando un’impronta originale che si sente in ogni composizione, indipendentemente dalla tradizione nella quale essa si inserisce.

La grande opportunità arriva presto, per i The Rasmus. Nel dicembre 1995 incidono il loro primo ep, 1st, rilasciato attraverso l’etichetta Tega G. Records, e già all’inizio del 1996 riescono ad ottenere un contratto presso la Warner Music Finland, che ristampa l’esordio e permette alla band di cominciare a lavorare al primo vero e proprio album, Peep, che viene pubblicato nel settembre dello stesso anno, quando i componenti della band, tutti classe 1979, non hanno ancora compiuto tutti diciassette anni. Peep viene accolto positivamente dalla critica, tanto che la band vince un EMMA come “miglior nuovo artista”. Il successo è per ora esteso solo alla Finlandia e all’Estonia, ma le potenzialità ci sono. Fondamentale è anche il fatto che la maggior parte delle canzoni della band siano cantate in inglese, lingua che permette una maggiore diffusione nel panorama internazionale, al contrario del finnico che rappresenterebbe una barriera non indifferente.

Nel 1997 viene pubblicato Playboys, che non fa altro che accrescere il successo dei The Rasmus. I quattro sono ormai conosciuti dal grande pubblico, anche grazie al contratto di sponsorizzazione firmato con la Pepsi, gesto che attira loro molte critiche e che gli stessi componenti della band, anni dopo, vedranno quasi come un passo falso, una commercializzazione eccessiva.

Nel frattempo, altre band finlandesi stanno nascendo e muovendo i primi passi nel music business. I nomi che in seguito saranno i più famosi sono quelli degli HIM, che nel 1997 pubblicano Greatest love songs vol.666, e degli Apocalyptica, il cui Plays Metallica by four cellos è del 1996. La scena musicale finlandese è da sempre molto viva e nutrita, merito non solo dell’ormai trito e ritrito luogo comune sul clima freddo e cupo che costringe a trovare passatempi praticabili al chiuso, ma anche di un sistema scolastico che permette ai bambini di entrare a contatto con la musica sin dall’infanzia attraverso strumenti che stimolano un interesse più vivo rispetto al classico flauto Aulos 104 che ogni allievo italiano ha avuto l’onore e il disonore di tenere tra le mani.

È dunque un panorama molto composito quello in cui i The Rasmus pubblicano il terzo Hell of a tester (1998), che porta la band ad una svolta che si allontana progressivamente dal lato funk della band per avvicinarsi a quello più rock. Il periodo post-Hell of a tester vede ulteriori riconoscimenti per la band finlandese, ma è significativo soprattutto per due cambiamenti fondamentali: il primo è il passaggio dalla Warner Music Finland alla Playground Music, un’etichetta indipendente nata in Svezia che opera nei vari stati scandinavi e che permette al gruppo di avvicinarsi sempre più al salto di qualità necessario per sfondare; il secondo è il nuovo cambio di batterista, che vede Janne abbandonare il ruolo per dedicarsi alla meditazione in India e Aki Hakala, che fino a quel momento aveva venduto il merchandise della band durante i concerti, prendere il suo posto. È questo l’assetto “definitivo” dei The Rasmus, almeno fino ad ora.

Carica di questi nuovi elementi e seguita dalla nuova etichetta che migliora ed approfondisce il lavoro musicale del gruppo, i The Rasmus pubblicano Into (2001), primo album ad essere pubblicato anche fuori dai confini nazionali. Il successo maggiore, però, è riscosso sempre in patria. Per il riconoscimento internazionale bisognerà aspettare il 2003 e Dead Letters.

Dead Letters, quinto album della band, è una svolta fondamentale. Rappresenta il passaggio ad uno stile più maturo, introspettivo e onesto rispetto a quello dei lavori precedenti. Se dal punto di vista musicale i The Rasmus sembrano finalmente aver trovato la loro vera voce, dal punto di vista dell’immagine il cambiamento repentino, che si potrebbe riassumere in un passaggio dal bianco al nero, sembra essere frutto non solo di una crescita personale dei vari componenti ma anche, almeno in parte, dei dettami della casa discografica. Il risultato, però, è strabiliante: a livello europeo il successo è enorme, al punto che in molti si convincono genuinamente che Dead Letters sia il primo album della band. Non solo: l’album è effettivamente valido. Molto valido. E forse, visti i presupposti, questo è ciò che stupisce maggiormente. La nota negativa è che dal momento che il pubblico è effetivamente composto da molte ragazze e donne dai 15 ai 30 anni, l’interesse nei confronti della band viene semplicisticamente catalogato come attrazione fisica per il cantante della band, e a causa di questo fatto il gruppo sembra faticare ad ottenere una stabile e reale credibilità.

Dead Letters si sviluppa come un curioso concept album, una raccolta di lettere che il cantante Lauri Ylönen non ha mai avuto il coraggio di inviare. I temi del rimorso, della redenzione e dell’espiazione sono molto presenti, accompagnati da una musica malinconica ma mai tetra come quella dei connazionali HIM. L’album è trainato dal singolo In the Shadows e probabilmente è questa canzone a far scoccare la scintilla:

il motivetto orecchiabile entra nelle casse dei giovani e meno giovani di mezza Europa, a tal punto che nessuno, nemmeno i madrelingua inglesi, sembrano effettivamente notare il grido d’aiuto che giunge dalla voce angosciata di Ylönen. Non è certo la prima volta che accade, però, e i The Rasmus non hanno (comprensibilmente) nessuna intenzione di lamentarsi.

Nonostante la pressione creata da un successo così grande e a discapito delle maligne aspettative di molti addetti ai lavori, i The Rasmus stupiscono nuovamente nel 2005, con Hide from the sun. L’album non giunge ai record di vendite del suo predecessore, ma dall’alto di un’ulteriore maturazione sia in campo personale che in campo musicale, non è ciò a cui la band ambisce. Difficile descrivere in modo esaustivo il cambiamento stilistico da Dead Letters a Hide from the sun: probabilmente “crescita” è, per quanto banale, il termine più adatto.

Le svolte musicali, però, sembrano non finire mai, per la band finlandese: forse complice l’incontro con Desmond Child, i The Rasmus si avvicinano a quelle sonorità soft ed eteree che si incontrano di sovente nella scena nord europea. Da questo ennesimo mix di influenze nascono Black roses (2010) e The Rasmus (2012, pubblicato per Universal dopo la dissoluzione del contratto con Playground Music). È indubbio che sull’album omonimo abbia influito anche il lavoro da solista di Ylönen, che nel 2011 pubblica New World, che si muove su sonorità simili.

Come si può facilmente notare, la storia dei The Rasmus non è certo lineare e prevedibile. Smontati dal loro stesso successo, criticati non tanto per una mancanza di originalità compositiva quanto per l’età media del pubblico presente ai concerti (criterio alquanto discutibile, soprattutto quando applicato da fonti considerate autorevoli), i The Rasmus sembrano aver avuto la fortuna/sfortuna di trovare la propria identità musicale al momento giusto, quando il panorama musicale internazionale aveva bisogno di loro esattamente in quella forma. Fortuna, perchè questo ha assicurato loro un successo del tutto meritato; sfortuna, perchè essere presenti al momento giusto nel posto giusto vuol dire spesso essere catalogati come l’ennesimo fenomeno da baraccone creato ad hoc dall’industria musicale. E se questo molto spesso corrisponde alla verità, è un’amara constatazione accorgersi di come tale giudizio venga a volte cucito addosso a band che, al contrario, si meriterebbero tutt’altro riconoscimento.

QUI potete consultare la pagina wikipedia dei The Rasmus.
Qui potete visitare il SITO UFFICIALE dei The Rasmus.

Tags:aki hakala,apocalyptica,dead letters,eero heinonen,finlandia,HIM,in the shadows,lauri ylonen,pauli rantasalmi,pop,rock,the rasmus Next post

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