(The Reader)
Regia di Stephen Daldry
con Kate Winslet (Hanna Schmitz), David Kross (Michael Berg da giovane), Ralph Fiennes (Michael Berg adulto), Bruno Ganz (professor Rohl), Lena Olin (Rose Mather/Ilana Mather), Alexandra Maria Lara (Ilana Mather da giovane), Karoline Herfurth (Martha), Sylvester Groth (consigliere), Susanne Lothar (Carla Berg).
PAESE: USA, Germania 2008
GENERE: Drammatico
DURATA: 123’
A Berlino, nel 1958, si amano fugacemente Michael, studente quindicenne, e Hanna, bigliettaia del tram 36enne. Lei lo inizia ai piaceri del sesso, lui le legge decine di libri. Otto anni dopo Michael, laureando in giurisprudenza, assiste per caso ad un processo contro sei donne, ex agenti SS, colpevoli della morte di 300 ebrei. Tra di loro c’è Hanna, che per proteggere il suo segreto – è analfabeta – finisce per prendersi tutte le colpe. Michael ne è al corrente e potrebbe aiutarla, ma tace…
Scritto da David Hare adattando – abbastanza fedelmente – l’omonimo romanzo del tedesco Bernard Schlink, caso letterario della stagione 1995/1996. È un film che parla di molte cose, prima fra tutte la difficoltà delle “nuove” generazioni tedesche di rapportarsi con il (difficilissimo) tema dell’olocausto. L’incapacità di agire di Michael è l’incapacità di una nazione di fare i conti col proprio passato e di elaborare “quel grande male che venne da dentro”. La trovata di partenza è dolorosissima e geniale: Hanna, che non solo non sa leggere e scrivere, bensì addirittura sembra incapace di accorgersi della gravità del proprio operato, preferisce comunque l’ergastolo all’onta di ammettere il proprio analfabetismo. È, in fin dei conti, una parabola sulla banalità del male. Su quei critici che lo tacciano (come già era accaduto al romanzo) di revisionismo, caliamo un velo pietoso. Ha risposto loro – in maniera perfetta – la stessa Winslet, stufa dei continui attacchi ricevuti dal film: «questa non è una storia sul perdono, né sulla riconciliazione. È una storia sul pentimento e su come non si sceglie mai chi si ama». Fine del discorso. Premiata con l’Oscar, l’ex Rose di Titanic si dimostra tra le migliori attrici della sua generazione, ma non gli è da meno il bravissimo e assai espressivo Kroos. Fiennes sbiadito. La regia dell’inglese Daldry non rifugge ai più classici stereotipi hollywoodiani, e alcune scelte sono quantomeno discutibili (i libri e le lettere tra i protagonisti, entrambi tedeschi, sono in inglese), ma il film c’è, e nel suo essere, almeno a livello formale, un film “medio” (che è ben diverso da mediocre), coinvolge e fa pensare. Dedicato ai produttori Sydney Pollack e Anthony Minghella, entrambi mancati durante le riprese. Un film difficile, ma da vedere.