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- Scritto da Riccardo Tanco
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 06 Dicembre 2014
Presentato in anteprima fuori concorso al Festival di Cannes 2014, The Rover è l'opera seconda del regista australiano David Michod, dopo il notevole noir familiare Animal Kingdom. Tra atmosfere alla Mad Max e ai toni malati di un cult sconosciuto come Wake in Fright diretto da Ted Koetcheff, in The Rover, Michod realizza un western fantascientifico e apocalittico, dove a predominare la messa in scena sono lo sporco di un mondo perduto e la polvere di un deserto desolato ma mortale.
Un'opera che è in perenne movimento tra il sangue e la morte. Michod azzecca i toni e crea pur sfruttando un immaginario non nuovo, una propria interessante visione di un futuro prossimo, trasmettendo allo spettatore la sensazione di oppressione e solitudine che attanaglia i personaggi. Diretto con stile secco ed essenziale, dopo Animal Kingdom, Michod si riconferma un regista abile nel muoversi tra i generi e creare le giuste modalità di sguardo. Un regista dentro al proprio film, che usa delle cromature calde per usare al meglio l'ambientazione desertica. In The Rover c'è il sentore della decadenza materiale e morale, quella di un mondo tornato a una violenza primitiva perché è l'unica arma possibile.
Perché il film è una storia di sopravvivenza di un uomo, Eric (un Guy Pearce ferino ed animalesco) a cui non è rimasto nulla a cui aggrapparsi e quindi agisce come se fosse già morto o non gli importasse più di nulla. E per questo contrasto tematico e stilistico che il rapporto ambiguo, un misto tra disinteresse e affetto tra lui e il personaggio di Rey (un bravo Robert Pattinson in un ruolo difficile) è la controparte giusta ed efficace a un film quanto mai nichilista, ma che cerca nell'altruismo e nell'aiuto reciproco un modo per andare avanti.
E dopo uno svolgimento che calibra i momenti clou e tiene alta la tensione, The Rover esplode nella sua anima più nera in un catartico finale ma trova anche una suggestione poetica nella sequenza che chiude il film, e che riafferma il sentimento come ancora di salvezza anche dove non c'è più nulla.
Voto: 3/4