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The Sacred Tears TRUE – Una pixellosa passeggiata notturna

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 15/10/2014

Cover The Sacred Tears TRUE

PC TESTATO SU
PC

Genere: Gioco di Ruolo Giapponese

Sviluppatore: AlphaNuts

Produttore: Nyu Media

Distributore: Digitale

Lingua: Inglese

Giocatori: 1

Data di uscita: 25/09/2014

VISITA LA SCHEDA DI The Sacred Tears TRUE

Pro-1La storia non è affatto male e il curioso battle system funziona... Contro-1... Peccato che il sorgere di uno segni il declino dell'altro

Pro-2Stile e colonna sonora meritano Contro-2Prezzo relativamente elevato

Tradizione vuole che i titoli sviluppati con RPG Maker siano considerati dozzinali e rozzi nelle meccaniche, in quanto chiunque può accedere gratuitamente ai tool e iniziare a lavorarvi senza particolari conoscenze di programmazione, tuttavia può capitare che dietro ad alcuni di questi progetti ci siano competenza, passione e/o idee accativanti, che gli permettono di fare “carriera” e scavarsi una nutrita nicchia di appassionati/curiosi (basti pensare a To The Moon o a Corpse Party), come nel caso del titolo odierno, The Sacred Tears TRUE, approdato su Steam qualche settimana fa dopo una favorevole campagna Kickstarter. Sponsorizzato da Nyu Media, il prodotto AlphaNuts si pone come un JRPG vecchia scuola, caratterizzato da una struttura episodica mordi e fuggi ed un battle system a turni ibrido fra la morra cinese e un card game. La presentanzione e i mezzi utilizzati saranno anche spartani, ma un buon gioco resta tale, a prescindere dalle sue modeste origini: sarà l’occasione giusta? Scopritelo nella nostra recensione.

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RE DEI LADRI? NON BASTAVANO I PIRATI?

Come anticipato nell’introduzione, The Sacred Tears TRUE si rifà molto ai classici giochi di ruolo dell’era 16-bit, tuttavia a differenza di questi ultimi opta per una progressione meno uniforme, scandita in brevi capitoli della durata di cinque, massimo venti minuti ciascuno; sono 48 in tutto, 24 principali, sbloccati in successione e legati allo sviluppo della trama, e 24 facoltativi, disponibili in base ai nostri progressi o ad alcune scelte compiute nel corso dell’avventura, perlopiù incentrati su eventi minori o approfondimenti vari. Il protagonista, Seil, è un membro della Gilda dei Ladri, che opera sotto copertura nella città di Genoseed. Il suo obiettivo è quello di diventare il ricercato più celebre del paese (contento lui), ma per mantenere segreta la sua identità, e sbarcare il lunario, durante il giorno si prodiga come “investigatore privato” factotum (à la Gintama per intenderci) assieme alla sua partner Seana, svolgendo lavoretti qua e là e aiutando gli abitanti del borgo. Le sue due professioni entreranno spesso in conflitto, ed è basandosi sul suo dissidio interiore che prenderanno piede buona parte degli eventi chiave della vicenda, oltre a numerosi cliché tipici dell’epica fantasy videoludica. Detto questo, le prime battute del titolo AlphaNuts sono veramente blande, la storia stenta a decollare e non sembra avere affatto intenzione di prendersi sul serio; è solo dopo il decimo capitolo circa che finalmente ingrana, esibendo tra l’altro una caratterizzazione dei protagonisti niente male e un canovaccio nel complesso godibile, anche se avremmo gradito che questi fattori saltassero fuori un po’ prima di metà gioco… L’atmosfera è piuttosto leggera, il piglio comico è ravvisabile anche nelle situazioni più concitate, a volte con gag simpatiche, altre decisamente fuori luogo (in primis l’intrusione di concetti che stonano con l’ambientazione), mentre i fautori del genere non tarderanno a riconoscere alcune minuzie che con gli anni sono andate perdute, come le allora immancabili (e interminabili) commissioni da fattorino, o i “trigger” da attivare per mandare avanti la baracca (come parlare con qualcuno, entrare in una certa area, o ispezionare un particolare oggetto), senza però avere uno straccio di indizio sul dove o il perché, soluzione a tratti frustrante con i tempi che corrono, specie nelle sue varianti più tragicomiche (girare a vuoto e mashare il tasto d’azione diventerà ben presto un’abitudine, NdR), ma dotata di un “fascino” tutto suo, se così vogliamo chiamarlo. A conti fatti, The Sacred Tears TRUE non può certo ambire a sfidare i mostri sacri a cui attinge, ma nel suo piccolo si dimostra un’esperienza piacevole e retrò al punto giusto, ricca di rimandi, spesso palesi, ma in grado benissimo di reggersi con le proprie gambe. A nostro dire l’implementazione di un overworld o comunque una mappa navigabile più estesa avrebbe giovato non poco al titolo, anziché segregare l’intera vicenda nei circoscritti (sebbene funzionali) confini di Genoseed, ma dobbiamo supporre che si tratti di un limite imposto dalla piattaforma utilizzata dagli sviluppatori, pertanto sorvoleremo oltre.

Distintivo della produzione AlphaNuts è invece il peculiare battle system; l’impostazione e la disposizione a schermo ricordano i primi Final Fantasy, ma l’interfaccia e le meccaniche suggeriscono ben altro. Al posto dei classici comandi avremo infatti un set di dieci carte, contraddistinte da 5 “semi” (Attacco, Magia, Schivata, Difesa e Skill) per valori numerici da 1 a 4. All’inizio di ogni turno dovremo selezionarne tre, e il combattimento procederà in base dei rapporti di forza con quelle giocate dall’avversario: generalmente, la carta maggiore ha la meglio, mentre a parità di cifra varrà un semplicissimo algoritmo, in stile morra cinese per l’appunto (Attacco pareggia con Skill e Magia, che oltrepassano Schivata e Difesa, che impediscono che Attacco vada a segno), quindi anche in caso di forti disparità di statistiche l’esito dipenderà strettamente dalla mano dei contendenti; a rendere più interessanti e ragionati gli scontri ci pensano poi le dinamiche di contrattacco (ovvero contrastare uno o più attacchi diretti nello stesso turno), e il sistema di predict, che permette di anticipare le mosse del nemico studiando il dorso delle carte che sta per utilizzare. È una pratica immediata e abbastanza divertente sulle prime, tuttavia con il passare delle ore ne diventano sempre più evidenti la natura approssimativa e il poco spessore, che vanno a minare le fasi conclusive dell’avventura, proprio quando la storia entra nel vivo. Questo perché, in breve, il battle system è tutto qui, il suo potenziale e le sue possibili applicazioni si esauriscono nell’arco di un capitolo, concluso il tutorial praticamente, arrancando da lì in avanti senza il minimo accenno ad evolversi o espandersi, nella speranza che l’altrettanto esile componente ruolistica mantenga vivo l’interesse del giocatore. Purtroppo così non è: possiamo capire l’impossibilità di agire in alcun modo sulla composizione del “deck”, che si rimpinguerà automaticamente e casualmente con il succedersi dei round (pur facendo insorgere così il cosiddetto fattore C, in grado di trasformare ogni duello in un terno al lotto), ma la gestione dei punti abilità, così come l’evoluzione delle skill, l’equipaggiamento e il “crafting”, per quanto ben accetti e buoni concettualmente, gettano le fondamenta su un terreno troppo arido per attecchire come dovrebbero; non ha senso poter assegnare i bonus dei level up se le statistiche sono quattro e tutte di vitale importanza, come sviluppare diverse skill è abbastanza inutile se a cambiare è solo la potenza (salvo le magie, peccato sia Seana a decidere quale lanciare, con risultati quasi sempre discutibili), e così via. Le basi ci sono insomma, è l’esecuzione a dover essere migliorata.

Nonostante la risibile durata dei singoli capitoli, la longevità complessiva del titolo è piuttosto buona, attestandosi intorno alle 15 ore qualora si punti al 100%; il ritmo è incostante a causa del ricorrente backtracking nelle fasi di smarrimento, ma è un dettaglio con cui si impara a convivere rapidamente (“come ai vecchi tempi” verrebbe da dire). La presenza di oggetti, combattimenti e dialoghi esclusivi di alcuni frangenti di norma rappresenterebbero uno stimolo sufficiente a rigiocare sezioni già completate in passato, idea invece a quanto pare scartata dal team di sviluppo, che ha costruito un corposo HUB tra uno stage e l’altro probabilmente con il solo scopo di ricordarci i nostri progressi, visto che non c’è modo di fare una capatina a ritroso nel tempo, salvataggi multipli a parte (soluzione che francamente vi sconsigliamo). La modalità free-to-play si propone come un’alternativa per grindare e farsi un giro in città in cerca di segreti, rivelandosi pertanto un inutile palliativo, visto che potremo farlo comunque quando ci pare e piace in-game e non consente certo di accedere ai contenuti ormai perduti. Quanto al lato tecnico, ci troviamo innanzi a un motore grafico 16-bit molto convincente, i colori sono accesi, le animazioni buone e lo stile richiama a gran voce i primi anni ’90, che culmina con una colonna sonora evocativa e artwork dal tratto insolito ma d’impatto. Unico neo: la necessità di visualizzare il gioco in modalità finestra a risoluzione infima, pena la perdita di un iride.

The Sacred Tears TRUE – Una pixellosa passeggiata notturna IN CONCLUSIONE
Pur prendendo in considerazione tutti i difetti del caso, The Sacred Tears TRUE si è dimostrato un JRPG d'annata riuscito, ben orchestrato e con una certa personalità. Il titolo Alphanuts è invero limitato, il comparto narrativo lento a partire incontra nella sua fase di ascesa un'infrastruttura che al contrario si brucia in una manciata di sessioni, provocando sensibili scompendi all'esperienza in un senso o nell'altro per tutta la durata dell'avventura, ciononostante saprà sicuramente intrattenere i fan del genere con la sua formula leggera, l'ottimo character design e il battle system minimale ma intrigante. Non aspettative però un gioco di ruolo dai canoni tradizionali, bensì una versione "lite" del genere, tascabile quasi, piccola per estensione e contenuti, quindi valutate attentamente prima di mettere mano al portafogli, o potreste restarne delusi. ZVOTO 7

C'E' MICA UN'EDIZIONE FALSE? COSA SIGNIFICA PER NOI QUESTO VOTO? SCOPRILO LEGGENDO I NOSTRI CRITERI DI VALUTAZIONE!!!

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