Apparentemente però.
Perché nelle sue pieghe "The Salvation" il classicismo tende proprio a storpiarlo, a miscelarlo con nuovi componenti e a riproporlo come fosse un qualcosa di diverso, simile ma non uguale all'originale.
A rendere lo scontro tra Mads Mikkelsen e il villain temutissimo di Jeffrey Dean-Morgan qualcosa di leggermente inedito infatti sono le loro caratterizzazioni, che fanno del primo, ex soldato, un assoluto immigrato (testuale) da sacrificare, e del secondo una personalità fuori di testa, totalmente rovesciata dagli effetti psicologici post-guerra. Dettagli che ovviamente col western centrano, ma messi a fuoco con una nitidezza inconsueta, ingurgitati e accettati comunque dal genere, senza cambiarne né le sorti o lo svolgimento, modificando quindi solo un tantino l’ossatura solidissima e contribuendo ad essa, se non freschezza, almeno quel minimo di modernità alla quale coadiuva una fotografia tutt'altro che sbiadita, necessaria a evidenziare il processo di spolvero e ristrutturazione.
Piccole mosse, insomma, che in principio dovevano servire a rendere la pellicola di Levring un prodotto distinto in mezzo agli altri, ma che invece, colpa di un all'allestimento un po' approssimativo, steccano la prova perdendosi rapidamente nel vuoto.
Resta quindi una giostra indecisa tra divertimento puro e accenni di ostentato altro, quella di Levring, che per quanto cerchi di mostrarsi finita e collaudata, non ce la fa a contenere perdite e scricchiolii, che a fine giro, inevitabilmente, vengono annotate e messe a sue spese.
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