The Search
di Michel Hazanavicius
con Berenice Bejo, Annette Benning
Francia, 2014
genere, drammatico
durata, 149'
L'uscita del nuovo film di Michel Hazanavicius non era equiparabile alle
molte altre che si accavallano senza capo ne' coda nella programmazione
delle sale cinematografiche. A fare
la differenza in questo caso c'era
una serie di fattori d'eccezione. Il primo, forse quello più importante
rispetto alla materia cinematografica consisteva nella verifica di un
talento esploso improvvisamente e in maniera dirompente grazie a un
film, "The artist", che aveva catapultato il suo autore tra le stelle
del Parnaso dopo anni di carriera routinaria. Si trattava in buona
sostanza di verificare se la poetica leggerezza e l'originalità di un
film girato in bianco e nero e per di più senza parole, fosse stata
qualcosa di più di una serie di fortunose coincidenze, il più delle
volte non replicabili. In seconda battuta, constatare la permanenza di
un livello di empatia talmente contagiosa da trasformare un film senza
pretese commerciali in uno dei più grandi incassi della stagione.
Possibilità
che l'avvenuta selezione al
festival di Cannes sembrava confermare in
senso positivo nel ricordo di quello che era successo al film precedente
di Hazanavicius che proprio della manifestazione francese aveva fatto
il trampolino di lancio per la conquista del pianeta. A qualche mese di
distanza, la visione di "The Search" conferma le perplessità suscitate
ai tempi della sua presentazione. I motivi sono presto detti, non prima
di aver specificato che la storia del film e' collocata sullo sfondo
della guerra cecena (il secondo conflitto per l'esattezza), con
l'invasione del paese da parte dell'esercito russo a innescare l'odissea
di quattro personaggi - un bambino e tre adulti- coinvolti in diverso
modo e con differenti conseguenze dalla brutalità di quella guerra. Un
tema quanto mai attuale che Hazanevicius tratta con dovizia di
particolari e senza risparmiarci nulla in termini di violenza e
brutalità, a partire dalla scena iniziale dove in una sorta di
mockumentary assistiamo all'eccidio che spinge il piccolo Hadij alla
fuga che da il via alla storia, oppure portandoci all'interno delle
"Linee nemiche" per ragguagliarci sulle forme di coercizione utilizzate
dall'esercito russo per addestrare i suoi soldati, e in particolare
Kolija, uno dei personaggi del film, "adescato" dalla polizia per futili
motivi e costretto ad arruolarsi per evitare la prigione. Una volontà
omnicomprensiva che non si accontenta dell'evidenza dei fatti e che
attraverso la figura di Carole (una Berenice Bejo in versione madre
coraggio), la rappresentante per i diritti umani dell'unione europea che
ad un certo punto si prende cura di Hadij, arriva a spingersi nelle
stanze dei bottoni per denunciare l'ipocrisia e il disinteresse del
sistema politico e governativo.
Di fronte ad un progetto così
ambizioso e complesso Hazenevicius reagisce nella maniera più facile e
scontata, schierandosi dalla parte degli umiliati e offesi e adottando
un punto di vista che si sforza continuamente di denunciare storture e
ingiustizie. Un atteggiamento lodevole e anche dovuto ma che nell'ottica
dell'approccio scelto dal regista appare riduttivo soprattutto quando
si tratta di andare oltre i segni più tangibili della guerra per
indagarne cause e conseguenze. Se poi aggiungiamo la presenza di una
struttura narrativa che sostituisce la lunghezza del minutaggio (ben
149') alla necessità di tenere insieme in maniera logica e con una buona
dose di verosimiglianza così tanta carne al fuoco allora è inevitabile
che "The Search" si trasformi in un melodramma politicamente corretto e
emotivamente ricattatorio, con scene madri e sermoni anti sistema pronti
a far fuoco, sulle speranze di chi si attendeva qualcosa di più di un
feuiletton edificante e consolatorio. In questo senso basterebbe da sola
la faccetta perennemente sbigottita e bisognosa del piccolo
protagonista per dare la misura della dimensione unilaterale e monocorde
in cui si muove il film.
(pubblicata su ondacinema.it)