Nasce per essere quindi qualcosa di davvero imponente "The Search", con una struttura corale e dilatata da cui innalza le basi per un racconto tanto aspro quanto accusatorio. Narra di una guerra ingiusta Hazanavicius, provocata dalla Russia e sofferta dalla Cecenia, una guerra in cui l'Europa preferiva fare orecchie da mercante e con cui empatizzare i dolori e le afflizioni attraverso il volto impaurito e irresistibilmente tenero del piccolo protagonista Hadji, una scelta di casting fondamentale la sua, considerando quanto il piacere della sua faccia paffuta aiuti non poco il procedere della pellicola.
Un procedere che tuttavia, nei suoi centotrenta minuti, arranca regolarmente, per niente sorretto da argomenti e sottotrame abbastanza rigide, in grado da sostenere le aspirazioni e il peso specifico di una tematica tanto vecchia quanto ormai sciupata e che sicuramente non trova in questa ennesima riproposizione quell'ossigeno fresco e indispensabile di cui aveva bisogno. Il personaggio chiave interpretato da Bérénice Bejo infatti, anziché fungere da medicina rivitalizzante per la sceneggiatura, riesce a diventare per "The Search" un ulteriore peso da gestire, incapace di funzionare sia per quanto riguarda il rapporto con il bambino finito sotto la sua ala protettiva e sia per il frangente legato alla sensibilizzazione politica del conflitto, inizialmente considerata importante, e poi finito chissà come ai margini della trama.
Mette in evidenza ogni suo limite perciò Hazanavicius, ogni perplessità che già con "The Artist" aveva seminato e a tratti lasciato intravedere. Un regista senz'altro scaltro, che sa come addolcire lo spettatore facendogli credere di avere assistito a qualcosa di più grande rispetto a quello che veramente è stato. Un illusionista, diciamo, illuso lui stesso dalle proprie capacità, ma che per fortuna "The Search" riporta dritto al suo posto.
Che non è minimamente nell'olimpo dei migliori, ma indubbiamente nell'arena dei modesti.
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