La giovane Laura arriva insieme a suo padre Wilson in una vecchia e isolata casa di campagna all'interno della quale viene chiesto al padre di effettuare alcuni importanti lavori di ristrutturazione. Durante la prima notte di permanenza in quel luogo misterioso e silenzioso, Laura comincia a sentire forti rumori al piano di sopra, e Wilson sale a investigare. Sarà l'inizio di una lunga e drammatica esperienza...
Il primo aspetto che colpisce di questo horror semi-sperimentale del regista uruguayano Gustavo Hernandez, è il fatto di essere girato in tempo reale mediante un unico, lunghissimo piano sequenza. La macchina da presa, cioè, sta col fiato sul collo della protagonista per tutto il tempo della nostra visione, senza neppure una soggettiva. L'occhio del regista, e il nostro, seguono ininterrottamente Laura all'interno e all'esterno della casa, e questo andamento, a lungo andare - e diciamolo subito - mette a dura prova il nostro occhio, benchè abituato ai vari Blair Witch Project e prodotti similari, sebbene non tutti in totale piano sequenza unitario, come in questo caso. L'idea del real-time è suggestiva, anche se un pochetto intellettualoide (i rimandi a Rope di Hitchcock, del 1948, oppure a Invasion di A. Pyun, del 2005, sono piuttosto evidenti in questa particolarissima scelta stilistica del regista), tuttavia il film appare subito sbilanciato tra scelta estetica del movimento di macchina e scrittura filmica, poichè la sceneggiatura non tiene, e si sfilaccia ben presto sgranandosi in molti punti. Già a circa venti minuti di pellicola cominciamo a capire che Hernandez desidera rielaborare il tema, antico come il mondo, della "casa infestata", volendo fare l'originalone a tutti i costi, ponendoci cioè davanti a un colpo di scena tanto improvviso quanto tuttavia capace di portarsi via gran parte del pathos di un film che è appena cominciato. Da questo punto in poi, infatti, (cioè appunto dopo soli venti minuti) lo script sale e scende le scale della "casa muda", donandoci qualche piccolo, banale spaventuccio, ma senza dare mai spiegazioni circa il perigranare insensato di Laura all'interno della casa. Alcuni spunti sono poi elaborati in modo troppo ingenuo (come quello della Polaroid che scatta foto al buio, oppure quello della stanza delle fotografie appese al muro). Non sono trattati con nessuna attenzione neppure i temi più "psiciologici" (se non addirittura psicoanalitici), come il rimando incestuoso della coabitazione di padre e figlia all'interno di una casa-vagina mortifera, di una "balena di Pinocchio" pensata al femminile. Il finale cerca di recuperare tali omissioni simbolopoeitiche sul piano della sceneggiatura, mirando al capovolgimento di prospettiva per spiazzare ulteriormente lo spettatore, e utilizzando tonalità narrative connotate da un romanticismo pseudofemminista che stride con il resto del girato, e non convince. I tre protagonisti della storia, Laura soprattutto (Florence Colucci), appaiono poi come schiacciati nei loro movimenti, dalla presenza soffocante della cinepresa in piano sequenza ininterrotto. A salvarsi rimane una colonna sonora delicatissima e intimista, molto efficacemente contrastante con il tema soprannaturale, ma del tutto insufficiente a rialzare le sorti di un film che è visibile solo per il suo carattere di sperimentazione cinematografica, nonchè perchè proviene da una nazione lontana (l'Uruguay) che non è famosa per il genere filmico "perturbante". Detto questo, "The Silent House" non ha molto da dire agli amanti del genere, e non produce innovazioni rimarchevoli, in particolare all'interno del genere "case infestate". "The Silent House": da vedere solo per il piano sequenza unico, espediente tecnico rarissimamente utilizzato in un film. Regia:Gustavo Hernandez Sceneggiatura:Gustavo Hernandez Fotografia:Pedro Luque Cast:Florence Colucci, Abel Tripaldi, Gustavo Alonso Nazione:Uruguay Produzione: Tokio Films Anno:2010 Durata:78 min.