Stasera voglio scrivere due righe sul concerto degli Strypes al Covo Club di Bologna: unica data italiana per la giovanissima band di Cavan, pompata fin troppo dalla stampa inglese, dai fan esagitati del Mod Revival del Mod Revival (e derivati) e da Paul Weller.
E, come al solito, non prendete tutto troppo seriamente.
PARTE PRIMA:
Appena ho visto entrare gli Strypes sul palco del Covo, ho subito pensato di ritrovarmi più a un saggio scolastico che a un concerto vero e proprio: a vederli, così, potrebbero essere considerati come una boyband, bassista a parte che ha gli stessi capelli di Roger Daltrey a metà anni ’60.
Uno crede davvero di stare a un concerto di qualche nuova band buttata fuori da disney channel, dato che questa sera c’è fin troppa acne e ci sono tanti genitori, tra cui le mamme più esaltate delle figlie.
In realtà, non appena questi giovincelli irlandesi iniziano a suonare, cadono molti pregiudizi: sì, ma vedere tutta questa gioventù al Covo fa impressione (ok, 8 anni fa, magari, qualcuno pensava lo stesso di me: ma che ci fa ‘sta ragazzetta qui dentro?).
Una cosa bella del concerto è proprio la varietà, ovvero vedere tutte queste differenti generazioni mescolate tra loro in questa saletta, con ‘sti Strypes che ci riportano indietro nel tempo quando le fan dei Beatles piangevano e urlavano come disgraziate.
Tutto questo fa davvero sorridere, anche perché significa che la band riesce a unire gruppi differenti di persone: direi sia un punto a favore per gli Strypes.
Questa sera mi aspettavo una mezz’oretta di concerto, ma la band di Cavan continua per un’altra ora e venti (circa): c’è questo sfogo rock’n’roll fluente e spontaneo, ricco di influenze (Beatles, Bo Diddley, Chuck Berry, Hollies, Yardbirds, Zombies, Stones…), che è un vero piacere ascoltare e riascoltare.
Gli Strypes hanno capito tutto troppo in fretta: suonano come se avessero alle spalle una carriera di almeno 5 anni; sanno comunicare col proprio pubblico (meno quest’ultimo, però, che non capisce una fava di quello che dice il chitarrista, quindi è tutto un “yeeeeee” e applausi); sono stati spinti sia da personalità che nel mondo della musica ci stanno da una vita, sia dalla stampa inglese (anche quella che con la musica non c’entra assolutamente niente: ho conosciuto gli Strypes grazie a una rivista di moda) e non sono così tanto stupidi.
Gli Strypes hanno una presenza scenica spaventosa, hanno carisma, sono dotati di una certa eleganza, musicale e non, e hanno questo spirito Rhythm and Blues che ti fa muovere, o almeno vorresti, dato che ci sono le scope-in-culo “ma perché balli?!”, oppure il solito gruppetto che poga (meglio loro delle scope-in-culo, almeno si muovono, ma evviva i gomiti alti per evitare che un giandone ti trasformi in un panda).
Una band che sa come trattare il revival creando un’atmosfera nostalgica, per i riferimenti musicali, ma pur sempre intrigante e divertente.
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PARTE SECONDA:
C’è una parte di me che degli Strypes pensa questo:
1. Bravi, belle le influenze, canzoni veloci e coinvolgenti, MA non hanno personalità e sembra una band costruita dalla testa ai piedi;
2. Non sono gli unici a fare quel genere: si sa, musica e moda sono sempre state unite, ma non vedo perché una band debba adattarsi alla massa e non esprimere veramente quello che pensa;
3. La stampa inglese butta fuori cani e porci, basta che ci sia ‘sta roba chiamata hype (uno dei termini più hipster e sgraziati che mi fa pensare subito a: “ok, ‘sta roba è ‘nammerda e te la ascolti te, brutta capra”);
4. Mi auguro davvero che questi ragazzini non assumano l’attitudine di certi personaggi giusto perché “è quello che va di più ora”, “perché piace al pubblico”: una band DEVE piacere per l’individualità che la differenzia da tutti gli altri gruppi, quindi spero che quest’ondata tra r’n’b e mod revival del mod revival del mod revival sopravviva e non finisca nel cesso per via dell’arrivo di una nuova moda;
5. Basta con ‘ste cover: ragassoli siete da un’ora e mezza sul palco e ormai siete diventati ripetitivi.
6. Mi rendo conto di essere una snob. E pazienza.
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CONCLUSIONI:
Gli Strypes sono ancora troppo giovani, di strada davanti ne hanno ancora da percorrere e, a mio avviso, non si fermeranno di certo qui: se hanno così tanta voglia di suonare, di coinvolgere e di far urlare madri e figlie, come si faceva ai tempi della British Invasion, andranno un bel po’ avanti (sempre che il punto 4 della parte seconda non prenda il sopravvento…).
Setlist: