di Franco Fracassi, Massimo Lauria Italia. 2012 durata, 75
“ La più grave sospensione dei diritti democratici dopo la seconda guerra mondiale” (Amnesty International)
Nella ricostruzione circonstanziata e montata alla maniera del “JFK” (1991) di Oliver Stone, corroborata dalla partecipazione di personaggi notie meno noti come Luigi Agnoletto responsabile del social forum italiano, di giornalisti indipendenti e di politici (di rifondazione comunista), funzionari della polizia ed uomini di stato come l’ex generale FabioMini, ex Comandante della NATO per il sud Europa che parla di come il piano delle forze dell’ordine non fosse quella di disperdere i manifestanti ma di metterli con le spalle al muro convogliandoli in zone senza via d’uscita,prende sostanza la teoria di un complotto organizzato a freddo per trasformare la manifestazione in un esempio da non seguire. Una strategia della paura e della tensione congegnata con la collaborazione dell’intelligence americana che fornisce addirittura materiale ed addestramento. Carabinieri e poliziotti in assetto antiguerriglia diventano così il braccio armato di una caccia all’uomo, in cui si creano le occasioni per scatenare una ritorsione capace di scoraggiare ulteriori tentativi. Tutto fa gioco, dai corpi martoriati dati in pasto alle telecamere come deterrente per scoraggiare i presunti agitatori, all’uccisione di Carlo Giuliani, volutamente sacrificato per mandare un messaggio definitivo alla protesta organizzata. Ipotesi agghiaccianti - ad un certo punto si parla anche di uno speciale manganello con un’appendice in acciaio importato dall’america ed usato durante il G8 per aumentare il livello di afflizione ma anche di gas ad alto tasso cancerogeno – come quella di una catena di comando deficitaria ed incapace di gestire quanto stava accadendo sul campo di battaglia, che fanno il paio con testimonianze surreali, come quella dello sbarco di polizia e finanza sulla spiaggia di Genova per dare la caccia a chi nel disordine generale aveva trovato momentaneo rifugio tra i bagnanti. Accanto a questo, i dubbi sull’azione dei Black Block (tra di loro ci sarebbero stati infiltrati provenienti dagli organi dello stato) lasciati liberi di agire per fare da apripista ad una rappresaglia che poi infierì sugli innocenti e lasciò incolumi i provocatori. E poi ancora donne sanguinanti con bambini in braccio, e le parole di scherno (riferendosi alla morte di Giuliani una poliziotta alla radio dice “oggi è finita uno a zero per noi”) dei funzionari intercettati al telefono mentrecadono dalle nuvole o non sanno cosa fare. Si vorrebbe fare a meno di sentire e di guardare. C’è sgomento ma anche indignazione. In questo, “The Summit” ricorda il documentario di Moore all’indomani dell’ undici settembre. Allo stesso modo di “Fahreneit 9/11” (2004)è forte il silenzio di chi invece dovrebbe dare delle risposte. Ma la mancanza della controparte non toglie nulla a “The Summit”, che anzi rilancia il pensiero che “un altro cinema è ancora possibile”. Da non perdere.