The Temptations

Da Balthazar

Il mio tentativo di diventare di colore si è arenato in un brevissimo lasso di tempo. Per la precisione il luogo dove si sono infranti i miei desideri è stato il bagno, davanti allo specchio. Se c'è una cosa che ho imparato è che poche cose sono capaci di dirti la verità, in maniera schietta, senza giri di parole e lusinghe. Lo specchio è una di queste.
Lì ho capito che bianco ero, e bianco sarei rimasto. Avrei potuto prendere il sole, abbronzarmi, ma non sarebbe stato lo stesso, è evidente. Così, non solo ho deciso di non andare al mare, ma anche che se esteriormente non sarei potuto diventare nero, sarei stato nero nello spirito.
Se anche voi, come me, siete caucasici, mozzarelle, e volete ribellarvi ai dettami della natura e non vi piace quel bianco, allora vi consiglio di avvicinarvi alla musica soul, al blues al jazz, all'hip hop o all'Africa e alla musica in generale. Perchè, si sa, viene un po' tutto da lì, non serve che ve lo dica io.
Se vi piacciono le voci, le armonie, il ritmo, la classe vera, vi consiglio di incominciare questo processo di inscurimento, ascoltando i Temptations, uno dei gruppi vocali più importanti di tutti i tempi, simbolo della freschezza giovanile e amorosa della Motown. Come tutti gli artisti dell'etichetta, la forza risiedeva nei singoli, più che negli album, che alla fine sono da considerare scalette con i pezzi da classifica rimpolpate da brani minori. Qui trovate il meglio della prima fase, quella più pop, fino alla seconda parte di carriera: la svolta psichedelica, di fine anni sessanta, nella quale l'acido delle chitarre, le ritmiche più ossessive e i temi impegnati la fanno da padrone rispetto alle dolcezze e ai struggimenti sentimentali degli esordi. Un gruppo unico nella sua evoluzione formale e non solo: da un suono pop e più vicino ai gusti dei bianchi a uno più robusto e black.
Balthazar Smith
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