E' possibile affrontare un argomento tanto delicato senza colpire fuori dall'obiettivo o non percorrendo le strade del retorico e dell'ipocrisia? Con questo film il regista Robert Lieberman fa rispondere noi attraverso le sue convinzioni. Ma su tutt'altro argomento. Se dovessi analizzare il film per come è presentato direi che è pieno di problemi di sceneggiatura in cui si aprono voragini col punto di domanda centrato in fronte. La regia si salva e la fotografia è discreta. La trama è piena di colpi di scena e le parti dove si eseguono le torture sono davvero ottime. Seppure il torture-porn abbia ormai stancato, in questo caso ce n'è da lustrarsi gli occhi e lo scambio vittima-carnefice ci dona un particolare, ma non originale, punto di vista. Se dovessi guardarlo dal punto di vista dello spettatore medio allora potrei dire che è un film che ti fa incazzare e ti mette senza sconti dalla parte della povera coppia vittima del rapimento-omicidio del figlio e ti fa lanciare la prima pietra contro l'inerme schifoso pedofilo. Ma siamo nel bel mezzo di un luna park. Le posizioni che prendiamo sono quelle del regista e non le nostre. Non viene mai presentata una controparte, sembra di essere in uno dei nostri troppi talk-show televisivi. Il maniaco è il prototipo del cretino che parla da solo, si trucca da donna e ascolta ninne nanne. Nessuna analisi psicologica, nessuna posizione politica. I genitori sono troppo giovani e non mancano loro i soldi. Nessuna analisi psicologica, una leggera posizione politica. Alcune scene sono architettate in maniera esagerata ma si capisce che il regista vuole arrivare da qualche parte. Una su tutte, il funambolico incidente del furgone da cui viene rapito Kozlowski, fa presagire la morte di qualcuno, e invece non muore nessuno. Anzi, fate bene attenzione che il corpo del maniaco a terra è evidentemente una controfigura... montaggio fatto male? Forse, no. Altra scena che sembra fuori contesto avviene quando si presenta un tipo rozzo che crede, senza riscontro, nella bella Elise che gli racconta che lei è un'agente immobiliare in procinto di vendere la casa del defunto Mr. Jessup, per nascondere i misfatti nel seminterrato. La scena servirà solo per collegare il futuro intervento della polizia, chiamata, guarda caso, proprio dal nostro amico zotico che rappresenta il bravo cittadino che compie il suo dovere. Ma col fucile in mano. Nessuna analisi psicologica, forte posizione politica. Il film è una enorme presa per i fondelli che non tratta il tema della pedofilia o della vendetta di due genitori per la morte del figlio, no, non è questo lo scopo. Il titolo è “Il torturato”. Ma chiedetevi: chi è il torturato? Solo nel finale si scioglierà tutta la trama e a morire sarà l'unica persona che tutti gli americani sperano di veder morire. Questo sarà il vero senso della pellicola. Una sorta di manifesto politico di redenzione Repubblicana. Si prende come pretesto uno dei crimini più spregevoli per presentare una serie di problematiche (tortura, pena di morte, possesso di armi, evasione fiscale...) che vengono trattate come assolutamente condivisibili ma con atteggiamento subdolo e meschino.In fondo “The tortured” non farà male a nessuno se non al cinema dell'orrore, proprio perché non colpisce dove ci si aspetta e si rivolge al pubblico come se fossimo una mandria di pecore.State tranquilli che qui da noi verrà preso tremendamente sul serio, infinitamente frainteso e non sarà trattato per quello che è veramente: una mediocre opera cinematografica.
E' possibile affrontare un argomento tanto delicato senza colpire fuori dall'obiettivo o non percorrendo le strade del retorico e dell'ipocrisia? Con questo film il regista Robert Lieberman fa rispondere noi attraverso le sue convinzioni. Ma su tutt'altro argomento. Se dovessi analizzare il film per come è presentato direi che è pieno di problemi di sceneggiatura in cui si aprono voragini col punto di domanda centrato in fronte. La regia si salva e la fotografia è discreta. La trama è piena di colpi di scena e le parti dove si eseguono le torture sono davvero ottime. Seppure il torture-porn abbia ormai stancato, in questo caso ce n'è da lustrarsi gli occhi e lo scambio vittima-carnefice ci dona un particolare, ma non originale, punto di vista. Se dovessi guardarlo dal punto di vista dello spettatore medio allora potrei dire che è un film che ti fa incazzare e ti mette senza sconti dalla parte della povera coppia vittima del rapimento-omicidio del figlio e ti fa lanciare la prima pietra contro l'inerme schifoso pedofilo. Ma siamo nel bel mezzo di un luna park. Le posizioni che prendiamo sono quelle del regista e non le nostre. Non viene mai presentata una controparte, sembra di essere in uno dei nostri troppi talk-show televisivi. Il maniaco è il prototipo del cretino che parla da solo, si trucca da donna e ascolta ninne nanne. Nessuna analisi psicologica, nessuna posizione politica. I genitori sono troppo giovani e non mancano loro i soldi. Nessuna analisi psicologica, una leggera posizione politica. Alcune scene sono architettate in maniera esagerata ma si capisce che il regista vuole arrivare da qualche parte. Una su tutte, il funambolico incidente del furgone da cui viene rapito Kozlowski, fa presagire la morte di qualcuno, e invece non muore nessuno. Anzi, fate bene attenzione che il corpo del maniaco a terra è evidentemente una controfigura... montaggio fatto male? Forse, no. Altra scena che sembra fuori contesto avviene quando si presenta un tipo rozzo che crede, senza riscontro, nella bella Elise che gli racconta che lei è un'agente immobiliare in procinto di vendere la casa del defunto Mr. Jessup, per nascondere i misfatti nel seminterrato. La scena servirà solo per collegare il futuro intervento della polizia, chiamata, guarda caso, proprio dal nostro amico zotico che rappresenta il bravo cittadino che compie il suo dovere. Ma col fucile in mano. Nessuna analisi psicologica, forte posizione politica. Il film è una enorme presa per i fondelli che non tratta il tema della pedofilia o della vendetta di due genitori per la morte del figlio, no, non è questo lo scopo. Il titolo è “Il torturato”. Ma chiedetevi: chi è il torturato? Solo nel finale si scioglierà tutta la trama e a morire sarà l'unica persona che tutti gli americani sperano di veder morire. Questo sarà il vero senso della pellicola. Una sorta di manifesto politico di redenzione Repubblicana. Si prende come pretesto uno dei crimini più spregevoli per presentare una serie di problematiche (tortura, pena di morte, possesso di armi, evasione fiscale...) che vengono trattate come assolutamente condivisibili ma con atteggiamento subdolo e meschino.In fondo “The tortured” non farà male a nessuno se non al cinema dell'orrore, proprio perché non colpisce dove ci si aspetta e si rivolge al pubblico come se fossimo una mandria di pecore.State tranquilli che qui da noi verrà preso tremendamente sul serio, infinitamente frainteso e non sarà trattato per quello che è veramente: una mediocre opera cinematografica.