Origine: USAAnno: 2015
Durata: 123'
La trama (con parole mie): Philippe Petit, funambolo ed acrobata autodidatta, alle spalle un'infanzia ed un'adolescenza travagliate e ben poco legate alle regole, si innamora del progetto ancora in corso d'opera del WTC a New York, e decide che un giorno o l'altro organizzerà un piano che gli permetterà di tendere il suo cavo tra le Torri Gemelle.Allenamento dopo allenamento, e dopo aver osato un'impresa preparatoria simile tra i campanili di Notre Dame a Parigi, Petit organizza una squadra di fidati compagni e vola nella Grande Mela, pronto a realizzare, nonostante le apparenti difficoltà, l'impresa.Il mattino del sette agosto settantaquattro l'allora neppure trentenne funambolo vinse una sfida che, ad oggi, resta ancora unica ed ineguagliata.
A Robert Zemeckis sarò grato, in quanto cinefilo accanito, a vita: la trilogia di Ritorno al futuro, All'inseguimento della pietra verde, l'episodio più interessante di Storie incredibili, Chi ha incastrato Roger Rabbit?, La morte ti fa bella hanno segnato la mia infanzia ed adolescenza, così come, in tempi più recenti, ho amato nonostante retorica e furberia Forrest Gump e Cast Away, forse l'ultimo film davvero interessante firmato dal regista.
Sono grato anche che al mondo esistano folli totali come Philippe Petit, anarchici ed appassionati, amanti della vita nonostante, o forse proprio per questo, si ostinino a rischiarla come se fosse la cosa più normale del mondo: l'impresa del funambolo francese, datata sette agosto settantaquattro, è stata qualcosa di assolutamente epico, completamente fuori di testa eppure magica come poche altre.
Ricordo bene, infatti, l'effetto che mi fece stare di fronte a quelle due torri assolutamente enormi, quasi incredibili, quando nel lontano ottobre del novantaquattro - vent'anni dopo, giorno più, giorno meno, del momento di gloria di Petit - rimasi esterrefatto ai loro piedi: per chi non ha avuto la fortuna di provare quella sensazione, posso dirvi che erano davvero qualcosa di straordinario, e pensare che un ragazzo di neppure trent'anni, mosso solamente dalla passione ed aiutato da un manipolo di amici folli quanto lui, avesse passeggiato per oltre quaranta minuti su un cavo tirato tra i due colossi di acciaio e cemento sfiora davvero la fantascienza.
Eppure è successo. E' documentato. E raccontato splendidamente da Man on wire, che James Marsch diresse qualche anno fa raccontando i fatti, puri e semplici, che portarono a quell'evento.
E qui torniamo a Robert Zemeckis: perchè, da buon americano - e tutti voi che passate a farvi qualche drink da queste parti ben sapete quanto il sottoscritto li ami -, il vecchio Robert proprio non resiste a voler imbastire la storia nel peggiore dei modi a stelle e strisce per almeno tre quarti di pellicola.
Con lui Joseph Gordon-Levitt, attore da sempre benvoluto da queste parti che pare impegnarsi più nell'impresa di risultare irritante tanto da scatenare le più violente bottigliate che non nel risultare credibile nel ruolo di Petit.
Un vero peccato, dunque, perchè quella che è stata ed è, di fatto, un'impresa mitica diventa, per un'ora e mezza secca - ovvero, minuto più, minuto meno, fino al primo passo sul cavo tra le due Torri Gemelle di Levitt/Petit -, un vero e proprio supplizio per lo spettatore, un cocktail letale di noia, irritanti mossette da artista di strada hipster e situazioni che paiono Amelie rivisitata in peggio - e già si parte da un mood per nulla nelle mie corde, tanto per intenderci -.
A salvare dalla catastrofe Zemeckis e soci, una mezzora finale davvero da urlo, illuminata da una resa della camminata sul cavo in grado di mettere i brividi non solo a chi - come questo vecchio cowboy - patisce e non poco l'altezza, ma al pubblico tutto, di fatto trasformando la magia di ogni passo del suo protagonista in una sorta di thriller serratissimo: e proprio per questo, forse, il desiderio di punire con le bottigliate delle grandi occasioni The walk è ancora più sentito, considerata la potenza della parte finale giunta sullo schermo dopo tre quarti di pellicola da buttare dritta nel cesso prima di tirare lo sciacquone il più in fretta possibile, evitando di pensare ancora al doppio utilizzo dei termini in inglese e francese di Levitt o al maestro di circo interpretato da Ben Kingsley, che è sulla buona strada per diventare uno dei vecchi leoni più invisi in casa Ford.
Un'occasione clamorosamente sprecata, dunque, che non rende assolutamente giustizia agli eventi che l'hanno ispirata - fatta eccezione, per l'appunto, della chiusura - e che fa rimpiangere Man on wire, l'incoscienza magica di Philippe Petit e quelle due Torri così enormi che quasi non parevano vere.
Ma lo sono state, eccome.
MrFord
"Now I'm walking on sunshine, whoa
I'm walking on sunshine, whoa
I'm walking on sunshine, whoa
and don't it feel good
hey, all right now
and don't it feel good
hey, yeah."Katrina and The Waves - "Walking on sunshine" -